Rito Ambrosiano – Commento al Vangelo di domenica 2 Ottobre 2022 – don Walter Magni

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V DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI
SAN GIOVANNI IL PRECURSORE

Anno C – Rito Ambrosiano – 2 Ottobre 2022

Signore, conservo nel cuore le tue parole

Lettura del Vangelo secondo Luca 6,27-38 In quel tempo. Il Signore Gesù disse: 27«A voi che  ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, 28benedite coloro che vi  maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. 29A chi ti percuote sulla guancia, offri anche  l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. 30Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro. 31E come volete che gli uomini facciano a voi, così  anche voi fate a loro. 32Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori  amano quelli che li amano. 33E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine  vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. 34E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale  gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto.  35Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa  sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi. 36Siate  misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. 37Non giudicate e non sarete giudicati; non  condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. 38Date e vi sarà dato: una misura  buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale  misurate, sarà misurato a voi in cambio». 

Fratelli e sorelle, 

il vangelo della V domenica dopo il Martirio di s. Giovanni il Precursore (2 ottobre 2022) è tratto dal  discorso della Pianura, che Luca – diversamente dal discorso del Monte di Matteo (Mt 5,1) – colloca  “in un luogo pianeggiante” (6,17). Quasi Gesù volesse farSi più vicino alla gente così com’è; caricandoSi di tutte le nostre fatiche e di tutte le nostre stanchezze.  

“A voi che ascoltate io dico” 

Ascoltare oggi non è scontato. E mentre la terapia piscologica privilegia l’ascolto di sé, della propria  individualità, la comunicazione massmediale ci riempie continuamente di una informazione rapida e  superficiale, incapace di favorire un ascolto pacato, incapace di aiutare a riflettere con pacatezza e in  modo sereno. Se solo ti fermi su una notizia, ecco che subito ne sopraggiunge un’altra che la  soppianta, cancellandola da una memoria sin troppo debole e breve. Così ci si ritrova nell’esigenza  di riuscire ad attuare un po’ di riordino mentale, nella speranza di riuscire a difendere una privacy sempre più violata.

Così, incapaci di restare in modo trasparente e aperto davanti agli altri, ci si  ingegna a costruire steccati per difendere la nostra privacy. S’impone pertanto l’esigenza di riscoprire,  anche tra i cristiani, un ascolto più diretto e sincero, libero da troppi condizionamenti e calcoli. Per  accorgersi di quanto bene ancora circola attorno a noi e nel mondo. Al primo posto, infatti, come  continuiamo a ripetere in tanti documenti ecclesiastici, sta il valore e il mistero della persona, prima  di quanto potremmo pretendere di sapere o immaginare di chiunque.

Perché l’altro vale semplicemente perché è altro rispetto a me. Gesù diventa così molto provocatorio in questo senso  quando comincia col dire: “a voi che ascoltate, io dico”. Cioè: a te che ascolti perché vuoi ascoltare,  senza lasciarti fuorviare dal pettegolezzo. A te ripeto: continua a coltivare un cuore grande nei  confronti di chi ti sta davanti, a costo d’essere frainteso, d’essere definito un ingenuo.  

Gesù parla proprio a me 

Il punto decisivo è, dunque, accorgersi che Gesù, anche in questo momento, sta parlando di me, sta  parlando a me. Che proprio questa pagina di Vangelo sta rileggendo la mia storia per darle un senso,  un significato. Al punto che più ascoltiamo le parole che Gesù ci regala di volta in volta e più questa  nostra vita si illumina e diventa praticabile. Se, infatti, proprio oggi Gesù ripete a ciascuno che  vogliamo ascoltare: “Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso”, come potremmo  reagire? In un primo momento ci potrebbe sembrare una esortazione generica e impraticabile  concretamente. Potremo mai essere misericordiosi come Dio? Come eguagliare Dio nella santità (Lv  19,2)?

Ma Gesù sta invitandoci proprio a questo traguardo, a questa altezza: “siate – infatti – perfetti  come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli” (Mt 5,48)! E proprio qui noi sbagliamo nel capire quanto  Gesù ci sta dicendo. Forse saremmo portati a pensare che tocchi a noi cercare di raggiungere Dio e la Sua  perfezione, mentre è anzitutto Lui che ha raggiunto noi e ancora e continuamente ci raggiunge. E proprio  questa è la buona notizia che ci incoraggia e ci introduce a una nuova speranza. Perché “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3,16). Al punto che in questa prospettiva persino  l’amore per i nemici, il perdono a oltranza diventa praticabile: “nulla è impossibile a Dio” (Lc 1,37). Non  siamo chiamati a una perfezione astratta, ma a fidarci piuttosto della Sua presenza che ci accompagna e  ci prende per mano, facendoci superare anche le situazioni impossibili e umanamente irrimediabili.  

Che il Vangelo diventi proprietà di tutti 

Una falsa considerazione della perfezione evangelica (“siate perfetti come perfetto è il Padre che è  nei cieli” Mt 5,48), ci ha indotti talvolta a negare il peso di certe ferite, esprimendo parole di distanza  e di disprezzo persino. Non piangiamoci più addosso, ritornando su fatiche e complessità con le quali  dovremmo solo imparare a convivere. Quel Dio che ci ha creati, immettendoci in questa vita fatta  così, perché ci dovrebbe rimproverare d’essere quello che siamo? Giunge piuttosto il momento nel  quale è urgente accoglierci l’un l’altro smettendola di farci del male.

Che ci piaccia o meno dobbiamo  scegliere tra vivere nella realtà o nella irrealtà. E stare all’indicazione di Gesù, Figlio di Dio fatto  uomo tra gli uomini, la realtà è la nostra stessa carne. Quella sarx che il linguaggio teologico identifica  appunto con la nostra povera e debole carne. E per dirla tutta secondo il Vangelo: non solo stare in  questa realtà, ma addirittura abbassarsi a essa, a stretto contatto con essa e tutte le sue infinite  bassezze.

Proprio come ha fatto Gesù in obbedienza al Padre Suo. Gli apostoli stessi non hanno scritto  sulla porta del Cenacolo: “Qui si parla di Gesù Cristo e se entrate vi diamo qualche informazione”.  Sono, invece, usciti fuori nelle strade, andando incontro agli uomini. La verità del Vangelo non si salva custodendola sotto vetro, ma portandola fuori, alla luce del sole, a contatto con la realtà di tutti  i giorni. La verità non ha bisogno di essere rispettata. Chiede di essere amata. L’unico diritto che  rivendica è quello di essere comunicata, di diventare proprietà di tutti.

don Walter Magni