Rito Ambrosiano – Commento al Vangelo di domenica 22 Ottobre 2023 – don Walter Magni

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PRIMA DOMENICA DOPO LA DEDICAZIONE

Anno A – Rito Ambrosiano – 22 ottobre 2023

Il mandato missionario  

Luca 24, 44-49 – In quel tempo. Il Signore Gesù 44disse: «Sono queste le parole che iovi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella leggedi Mosè, nei Profeti e nei Salmi». 45Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture 46e disseloro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47e nel suo nome sarannopredicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48Diquesto voi siete testimoni. 49Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso».nti hai tratto per te una  lode?». 17Li lasciò, uscì fuori dalla città, verso Betània, e là trascorse la notte. 

Fratelli, sorelle, 

la domenica del Mandato missionario (Prima domenica dopo la Dedicazione, 22 ottobre 2023)  coincide per i fedeli di rito ambrosiano con la celebrazione della Giornata missionaria mondiale. Il  Vangelo di Luca ci ricorda le parole preziose e importanti che Gesù risorto ha voluto regalare ai Suoi  discepoli, subito dopo l’episodio di Emmaus, nell’imminenza ormai della Sua Ascensione. Un testo  di seria verifica per l’impegno di annuncio missionario della Chiesa di sempre.  

Correre per il Vangelo 

Di fatto sono molti i discepoli del Signore che anche oggi desiderano annunciare il Vangelo. Presi  dallo stesso entusiasmo di Maria di Magdala che, dopo aver incontrato il Risorto presso il sepolcro  vuoto, corre dai suoi fratelli gridando: “ho visto il Signore” (Gv 20,18). Con la stessa fretta dei due  discepoli di Emmaus, che riconosciuto il Viandante che S’era fatto loro compagno di strada, ritornano  subito a Gerusalemme per annunciare ai loro amici che “l’avevano riconosciuto (proprio) nello  spezzare il pane” (Lc 24,35). Come una voglia che ti prende tutto e ti obbliga ad andare perché il  Vangelo non può aspettare. Perché ti ha cambiato la vita, ti ha scompaginato i pensieri e ti brucia dentro.

E comprendi che devi andare soprattutto là, dove ancora la vita vien meno e la speranza si  spegne nel cuore della gente. Madeleine del Brel – mistica francese, innamorata di Dio e dei poveri  della Parigi del suo tempo – scriveva che “l’obbligo di annunciare la buona novella ci costringe a  camminare simultaneamente al passo di Dio e al nostro: perciò avremo il più delle volte l’andatura  dello zoppo o quella esitante di un cieco. Con tutte le nostre forze, il nostro spirito, il nostro cuore  faremo dell’evangelizzazione l’applicazione del programma di Gesù Cristo. Ma questo programma  che noi conosciamo affonda tutto in un piano che ci è oscuro. Del nostro lavoro di ogni giorno, sia  pure perfetto, noi non sappiamo ciò che il Signore ne farà… e se molto maldestro o imperfetto, noi  non sappiamo a che cosa servirà. Sappiamo soltanto che non andrà perduto ciò che si dona a Dio”.  

“Allora aprì loro la mente” 

E l’espressione tanto amata da papa Francesco: “Chiesa in uscita” – che ci obbliga ad uscire dalle  nostre sacrestie per la missione – ci è diventata famigliare. Ma l’assolutizzazione della sola uscita  potrebbe indurci a dare per scontate le ragioni profonde che stanno alla radice della missione propria  di una Chiesa che continuamente esce per incontrare gli uomini. Per questo Gesù Risorto, prima di  inviare i Suoi in missione, chiede loro di fare un preciso esercizio di memoria nei Suoi confronti e di  quanto Lui stesso aveva loro detto: “sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi:  bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi”.  C’è un’essenzialità del Vangelo che se non viene custodita e non viene costantemente tenuta in  considerazione, vanifica le nostre parole.

Che se anche continuassimo a dire “Signore, Signore” (Mt  7,21), tutti s’accorgerebbero che parliamo al vento e non si salva nessuno. Marco, del resto, ci ricorda  che Gesù costituisce i Dodici perché anzitutto “stessero con lui” (3,14) e che solo dopo li avrebbe  inviati in missione. Solo tenendoseli vicini, stretti a Sé, Gesù li avrebbe potuti introdurre nella  profondità del cuore di Dio, in ascolto costante dei Suoi segreti e del Suo mistero. Proprio nel Vangelo  odierno si dice, infatti, che Gesù: “aprì loro la mente per comprendere le Scritture”. Non si tratta di  anteporre alla missione una nostra comprensione mentale di Gesù, ma lasciare piuttosto che sia Lui  ad aprirci il cuore e la mente, facendo fluire in noi anzitutto lo Spirito che anima la Sua parola.  

“Dio non fa preferenza di persone” 

E mentre è il mondo che potrà sempre contrastare l’annuncio missionario del Vangelo, all’interno  della nostra Chiesa non mancheranno mai discussioni e fatiche su come annunciare il Vangelo di  Gesù in questo mondo, proprio gli Atti degli Apostoli, ci ricordano oggi la fatica di Pietro ad accedere ed elaborare una inedita modalità di annuncio del Vangelo di Gesù rispetto alla sua stessa tradizione  religiosa che non avrebbe mai accettato di entrare nella casa del pagano Cornelio per annunciargli il  Vangelo. Ma si ricrede e giunge ad affermare: “mi sto rendendo conto che Dio non fa preferenze di  persone”. Un passaggio enorme nella coscienza della Chiesa del suo tempo che ci fa pensare. 

Signore Gesù, non finiremo mai di renderti grazie per l’amore di predilezione che hai per ciascuno  di noi e per il dono della salvezza che Tu offri all’umanità! Per prolungare la tua missione nel tempo  hai chiamato per nome i discepoli perché stessero con Te e diventassero apostoli, testimoni della Tua  risurrezione. E oggi chiami per nome anche noi. E ci chiedi di andare per le strade e nelle case degli  uomini, senz’altra ricchezza che la Tua parola. Per gridare a ogni creatura che il Regno si è fatto  vicino, che ogni dolore può essere lenito, se riempito di senso; e che la pace può diventare patrimonio  di ogni persona, ricchezza per tutti i popoli. Donaci il fuoco dello Spirito, l’ardire dell’annuncio, la  Tua umiltà e la Tua mitezza, il coraggio della profezia e la fede degli apostoli, affinché la grande  messe alla quale ancora ci invii possa fiorire tutta e portare frutti duraturi nel tempo. Amen. 

don Walter Magni