Rito Ambrosiano – Commento al Vangelo di domenica 22 Settembre 2024 – don Walter Magni

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IV DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI IL PRECURSORE

Anno B – Rito Ambrosiano

Il tuo pane, Signore, sostiene i poveri in cammino

Giovanni 6,41-51 In quel tempo. I Giudei si misero a mormorare contro il Signore Gesù perché  aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di  Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal  cielo”?». Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il  Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: E tutti saranno  istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno  abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi  crede ha la vita eterna. Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto  e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il  pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la  mia carne per la vita del mondo». 

Fratelli, sorelle,  

l’Eucaristia è quanto Gesù ci ha chiesto di fare – “Fate questo in memoria di me” (1Cor 11,24) – ogni  volta che ci raduniamo come cristiani. Segno definitivo del dono di Sé e che i Giudei faticano a capire  (IV domenica dopo il Martirio di S. Giovanni il Precursore, 22 settembre 2024). Colpisce sempre  però il fatto che questo, che è il segno più alto della comunione tra i credenti, fatichi a essere praticato  e compreso da parte dei discepoli di allora come anche dei cristiani di oggi! 

“Il pane dal cielo, quello vero” 

Le parole di questo Vangelo hanno una storia- Gesù dice d’essere il pane vero, riferendoSi a quanto  era accaduto il giorno prima, compiendo un segno che andava comunque capito bene e non frainteso! Era avvenuto infatti che cinque pani d’orzo, che un ragazzo aveva con sé, una volta condivisi avevano  poi sfamato cinquemila persone. Visto il miracolo la gente aveva così deciso di farLo re, ma Gesù Si  era sottratto, rifugiandoSi sul monte a pregare. Nella notte raggiunse sulla barca i Suoi, in ansia per  la tempesta che li aveva sopresi.

A Cafarnao vennero raggiungi dalla gente che Lo cercava. E siamo  al dialogo – a tratti sarà anche scontro – nella sinagoga. Quei Giudei pretendevano che Gesù  sostenesse una sorta di confronto con Mosè, nei giorni in cui i loro padri avevano mangiato la manna  nel deserto. Ma Gesù replicò loro: “non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero; il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo” Quei  Giudei, dunque, s’erano fermati e irrigiditi sul loro passato glorioso, senza accorgersi tuttavia del  grande miracolo che la presenza di Gesù rappresentava. Del resto, questo potrebbe succedere anche  a noi. E c’è soprattutto un oggi, un verbo di Dio al presente, che non possiamo dimenticare: “Oggi il  Padre vi dà il pane dal cielo, quello vero”. Stupendo Gesù, che come un pane “discende dal cielo e  dà la vita al mondo”. E proprio “al mondo” si dice: nessun paese escluso, nessuna donna, nessun uomo. Un pane che dà la vita a tutti! 

”Man hu: che cos’è?” 

Ma cosa intende dire Gesù quando afferma d’essere Lui “il pane, quello vero (…) che discende dal  cielo”? La fatica a comprendere questo pane che è Gesù, dono di Dio per tutti gli uomini, ha degli  antecedenti. Una prima incomprensione era avvenuta in occasione dell’Esodo, quando il Signore era  venuto in soccorso per intercessione accorata di Mosè alle lamentele del popolo di Israele, a riguardo  del cibo scarso che il deserto poteva dare. Così alla sera erano le quaglie che salivano coprendo  l’accampamento e al mattino, svanita la rugiada, ecco apparire la manna. E la gente vedendola diceva incuriosita: “Man hu: che cos’è?”.

E Mosè rispondeva: questo è “il pane che il Signore vi ha dato in  cibo” (Es 16,15). Ed è infondo lo stesso disagio a capire che si verifica nell’episodio evangelico  odierno. Infatti, i Giudei che stavano ascoltando Gesù che si identificava come il pane disceso dal  cielo, cominciavano a mormorare: che sta dicendo? Ma chi mai crede di essere? “non è forse Gesù,  il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: ‘Sono  disceso dal cielo?’”. E Gesù che replica loro dicendo: “non mormorate tra voi”. Cioè: evitate questa  ostilità che prende le distanze per partito preso; che non vuole capire, lasciandovi abitare da un  pregiudizio sterile e inconcludente, da un sospetto reciproco che interrompe anche le relazioni più  profonde. Che dire di tanta mormorazione dentro le nostre comunità? Non dimentichiamo che: “la  mormorazione è un vizio volontario che fa morire la carità” (S. Pio da Pietralcina).  

“Raccogliere i frammenti” 

Forse avrete sentito dire che, in tempi non lontani, se cadeva un pezzo di pane dalla tavola, subito lo  si raccoglieva e lo si baciava, anche se non lo si poteva più mangiare. Il pane rivestito di un significato  sacro. Perché ogni pezzo di pane, anche un boccone, andava raccolto e non si doveva buttare. E questo  senso sacro pronunciato anche su un frammento di pane lo ritroviamo nel Vangelo. Tornando alla  giornata che precede le discussioni a Suo riguardo, Gesù, dice a un certo punto ai Suoi circa il pane  che aveva da poco moltiplicato: “raccogliete i frammenti”: ne raccolsero dodici canestri ricolmi.

Anzi,  nella versione latina, questo comando di Gesù a raccogliere il pane, ha tutta una sua suggestione: “Colligite fragmenta ne pereant”: raccogliete i resti perché non si perdano nel nulla, nel nulla della  vita. Tanto che così avrebbe detto durante l’ultima cena: i miei li ho conservati tutti “e nessuno di  loro è andato perduto” (Gv 17,12). Come se Gesù ci volesse insegnare a sfuggire la logica perversa  dello scarto e che è decisivo saper guardare ai frammenti e non perderli! Un invito a rispettare tutto  ciò che sa di poco, come qualcosa che è sacro anzitutto al cuore di Dio: l’orfano, la vedova, lo  straniero, i bambini, gli anziani. Consapevoli di andare “verso un noi sempre più grande”, direbbe  papa Francesco. Sempre più grande di te, di me. Da non semplificare, da non rimpicciolire, da non  ferire mai. Purtroppo “nella vita ordinaria raramente ci rendiamo conto che riceviamo molto di più di  ciò che diamo, e che è solo con la gratitudine che la vita si arricchisce” (D. Bonheffer).  

don Walter Magni