PENULTIMA DOMENICA
DOPO L’EPIFANIA
23 febbraio 2025 Anno C – Rito Ambrosiano
detta «della divina clemenza»
Fratelli, sorelle,
la liturgia delle due domenica che precedono la Quaresima ci racconta a lungo della misericordia di Dio: Gesù e Levi in questa domenica, Gesù e Zaccheo la prossima. E Levi, figlio di Alfeo, descritto dal vangelo odierno (Penultima dopo l’Epifania, 23 febbraio 2025) altri non è che Matteo (Mt 9,9- 13), l’esattore delle tasse che poi diventerà uno stretto collaboratore di Gesù e un evangelista. Così diventa inevitabile parlando dell’uno pensando all’altro.
“Seguimi”
Si dice che Gesù “uscì di nuovo verso il lago”. “Uscì”, quasi avesse una preferenza per chi sta fuori e “passando vide”. Verbi carichi di suggestioni che ancora oggi si ripetono, perché anche oggi Lui continua a passare. E quel giorno, passando, vide Levi e tutto avviene in un istante, dato che chiamata e risposta tengono lo spazio di un versetto: “passando – infatti – vide Levi, seduto al banco delle imposte e gli disse ‘Seguimi’. Ed egli si alzò e lo seguì”. Come un innamoramento a prima vista, senza se e senza ma. E a Levi bastò sentire la voce. Anzi, si potrebbe anche dire che, prima della voce, lo folgorarono gli occhi di Gesù, la luce di quegli occhi. Viene alla mente in questo senso un famoso quadro del Caravaggio, La vocazione di Matteo. E mentre ne contempli la scena non riesci a capire da che parte arrivi la luce che si diffonde sui personaggi: da una finestra o dallo sguardo di Gesù? Poi c’è la mano di Gesù che indica Matteo, mentre Matteo se la rivolge al petto, come volesse dire: “ma dici a me? mi stai chiamando? Non sai Tu come la gente guarda di solito un esattore di tasse? Come fossi un esoso collaborazionista dei romani, un pubblico peccatore e basta!”. Ma a Gesù non interessa proprio di quel che si dice. Per Lui non contano i ragionamenti che facciamo per scegliere un apostolo. E mentre noi faremmo una bella selezione per arrivare a scegliere figure esemplari, chiedendo: “da dove vieni? Che studi hai fatto? Che preparazione hai?”, niente di tutto questo vale per Gesù. Lui semplicemente “passando vide Levi”: un esattore delle tasse, un pubblico peccatore!
“Io sono un peccatore”
Certo è affascinante capire cosa Gesù sogna vedendo Matteo, ma cosa legge invece Levi negli occhi di Gesù? Legge, sente misericordia, mentre tutti lo vedevano come un pubblico peccatore. Che meraviglia sentirsi tutti guardati così da Gesù! E invece è successo che noi ci siamo distinti dai pubblicani e dai peccatori, attraversati dalla presunzione d’essere persone giuste, persino esemplari. Oscurando il Vangelo, la buona notizia dello sguardo misericordioso di Gesù su tutti. Viene così alla mente un’intervista fatta a papa Francesco all’inizio del pontificato, con l’intervistatore che chiede a bruciapelo: “Chi è Jorge Mario Bergoglio?”. E il Papa, che dopo un attimo di silenzio dice: “Io sono un peccatore. Questa è la definizione più giusta. Non è un modo di dire, un genere letterario: sono un peccatore” (…). Sì, posso forse dire che sono un po’ furbo, so muovermi, ma è vero che sono anche un po’ ingenuo. Ma la sintesi migliore, quella che mi viene più da dentro e che sento più vera, è che sono un peccatore al quale il Signore ha guardato. Io sono uno che è guardato dal Signore. E il mio motto è: Miserando atque eligendo“, una citazione di s. Beda il Venerabile, che commentando l’episodio della chiamata di Matteo scriveva: “Vide Gesù un pubblicano e, siccome lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse: Seguimi”. E così papa Francesco aggiunge: “il gerundio latino miserando mi sembra intraducibile sia in italiano sia in spagnolo. Ma a me piace tradurlo con un altro gerundio che non esiste: misericordiando” (A. Spadaro, Avvenire, 19.09.2013).
“Ed egli si alzò e lo seguì”
Lasciarsi dunque guardare da Gesù come Levi Matteo, stare dentro il Suo sguardo. E subito dopo sentire la forza di quella voce che dice: “Seguimi”. Un invito che non impone una norma, una regola, qualcosa da fare. Come ci venisse data una libertà disarmante, capace di sprigionare creatività, colore e fantasia. Così che in un istante, mentre sei seduto al banco delle imposte, d’incanto ti ritrovi in piedi, pronto ad andare. Perché sta scritto proprio così: “egli si alzò e lo seguì”. Lo stesso verbo della resurrezione. Come se quel pubblico peccatore, alzandosi da quel banco delle imposte finalmente risorgesse, cambiasse vita. Potendo uscire davvero dalla spietata logica del calcolo di mercato. E chi l’ha detto che da certe situazioni non si può uscire? Non ci si rialza più? Di Levi, figlio di Alfeo, di Matteo, semplicemente si dice che “lo seguì”. Perché anche le situazioni umane più basse e meschine possono cambiare pelle dopo la buona notizia, dopo il Vangelo di Gesù. E così avviene che da quel banco delle imposte ti ritrovi come catapultato in una casa tanto diversa. Una casa che d’incanto diventa la casa di tutti i pubblicani e i peccatori che Gesù guarda con misericordia. Come fosse un miracolo che si proietta sul futuro. Che grazia sarebbe, infatti, che le mense delle nostre chiese non fossero il ritrovo di gente che si sente arrivata, ma il luogo dove, stando sotto il Suo sguardo, si impara a dispensare soltanto misericordia. Senza badare alle critiche dei ben pensanti. Perché Gesù ci assicura a riguardo del Suo Vangelo: “non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”.
don Walter Magni