Rito Ambrosiano – Commento al Vangelo di domenica 23 Giugno 2024 – don Walter Magni

R

V DOMENICA DOPO PENTECOSTE

Anno B – Rito Ambrosiano

Cercate sempre il volto del Signore

Giovanni 12,35-50 In quel tempo. Il Signore 35Gesù disse alla folla: «Ancora per poco tempo la  luce è tra voi. Camminate mentre avete la luce, perché le tenebre non vi sorprendano; chi cammina  nelle tenebre non sa dove va. 36Mentre avete la luce, credete nella luce, per diventare figli della  luce». Gesù disse queste cose, poi se ne andò e si nascose loro. 37Sebbene avesse compiuto segni  così grandi davanti a loro, non credevano in lui, perché si compisse la parola detta dal profeta Isaia:  Signore, chi ha creduto alla nostra parola? E la forza del Signore, a chi è stata rivelata? 39Per  questo non potevano credere, poiché ancora Isaia disse: 40Ha reso ciechi i loro occhi e duro il loro  cuore, perché non vedano con gli occhi e non comprendano con il cuore e non si convertano, e io li  guarisca! 41Questo disse Isaia perché vide la sua gloria e parlò di lui. 42Tuttavia, anche tra i capi,  molti credettero in lui, ma, a causa dei farisei, non lo dichiaravano, per non essere espulsi dalla  sinagoga. 43Amavano infatti la gloria degli uomini più che la gloria di Dio. 44Gesù allora esclamò:  «Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; 45chi vede me, vede colui che mi  ha mandato. 46Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle  tenebre. 47Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono  venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. 48Chi mi rifiuta e non accoglie le mie  parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno. 49Perché io  non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare  e che cosa devo dire. 50E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico,  le dico così come il Padre le ha dette a me». 

Fratelli, sorelle 

Gesù è luce, è luminoso. Ce lo ha detto tante volte: “Io sono la luce del mondo; chi mi segue non  camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12) e “Mentre sono nel mondo, io sono  la luce del mondo” (Gv 9,5). Ma ascoltando il Vangelo di questa domenica (V dopo Pentecoste, 23  giugno 2024), ci prende il turbamento, la paura che possa svanire, oscurato dalle tenebre della notte. 

“Ancora per poco la luce è tra voi” 

Sono parole pronunciate nell’imminenza della morte. Una fine che i Suoi avevano intuito, ma che  non avrebbero voluto vedere. Eppure Gesù dice: “Ancora per poco tempo la luce è tra voi”; e dette  “queste cose, se ne andò e si nascose loro”. Come quando muore un uomo giusto, una persona buona,  umano perché appassionato della nostra umanità, anche noi diciamo che s’è spenta una luce. E di lì a  pochi giorni ecco Gesù morto, in croce. Un amore d’uomo che più grande non c’è. E una luce come  la Sua dove la troveremo? E il Suo volto? E quel Suo dire che ti prendeva dentro dov’è finito?

E dove sono gli occhi Suoi, ch’erano più della luce per chi stava brancolando nelle tenebre? Aveva  infatti acceso una speranza per chi si sentiva affaticato, oppresso da una religione immobile, affogata  in un serie di nozioni e di norme, dove la bellezza del volto dei padri e i moti profondi del loro cuore erano scomparsi. E proprio questo Suo sparire nella morte li spaventava e spaventa anche me, spaventa tutti noi. Davvero la lotta con un Dio, che per amore S’inoltra nella morte può durare una  vita.

C’eravamo illusi in fondo d’averLo compreso: anche se dentro lo smarrimento, il pensiero, la  luce di Lui non ci abbandona. E senti che ogni giorno devi tornare ad affrontare la fatica della attesa,  della ricerca appassionata di Lui. Ricominciare a credere, misurandoti su questo Suo oltre, che è pure  il mio. Un oltre che ancora tutti ci attende. Affacciandoci proprio su quel Mistero della Sua apparente  assenza, che proprio mentre ti intimorisce già ti attrae, di cui dolore e morte sono come sentinelle. 

“Non credevano in lui” 

Perché merita inoltrarsi un poco nella fatica del nostro credere a Lui. Sta scritto, infatti, che “sebbene  avesse compiuto segni così grandi davanti a loro, non credevano in lui”. Perché un grande mistero è  pure questo: del Figlio di Dio che, mentre pienamente Si rivela, Si trovi davanti a chi non Lo  comprende e Lo travisa pure. Forse troppo alta è la Sua offerta. Ma questa incredulità va approfondita,  perché non si dice tanto che non Gli credevano, ma che si aveva paura di crederGli davvero.

“Anche  tra i capi, – infatti – molti credettero in lui, ma, a causa dei farisei, non lo dichiaravano, per non  essere espulsi dalla sinagoga”. Una fede affaticata, resa inesprimibile dal calcolo, da una paura  precisa, dalla fatica a compromettersi, a rimettersi in gioco. Forse Gesù teme questa tiepidezza anche  per me. Come potessi restare sospeso e incerto nei Suoi confronti. Tanto che anche di me, di noi, si  potrebbe ancora dire che amiamo più facilmente “la gloria degli uomini più che la gloria di Dio”.  Lasciarsi condurre dentro la gloria di Dio ha un costo. Come fossimo coinvolti in una scalata dove  solo Lui conduce e diventa la tua misura, il tuo solo calcolo: Come ancora canta un poeta: “Dove mi  conduci, Signore? / Gli occhi a inseguirti / in ascensione di monte / su pareti di vetro e di vento. / In  desiderio di sconfinare. / Poi giorni e notte /ad accusare distanze / luce e fatica, / la mia / povera  misura / di discepolo di pianure. / Sei di schiena in parete, / ma conosco i tuoi occhi, / mi seduce il  colore / della misericordia. / La tua risposta / nel vento / è promessa di scala dall’alto…” (A. Casati). 

Far sognare Dio 

Cosi ci viene incontro la fede limpida di Abramo al quale un giorno apparve il Signore “e gli disse:  ‘io sono Dio l’Onnipotente: cammina davanti a me e sii integro (…). E subito Abram si prostrò con  il viso a terra e Dio parlò con lui”. E così divennero amici e continuarono a parlarsi e ad incontrarsi,  imparando ad andare al cuore delle questioni. Come se Dio un giorno gli dicesse ancora: “lasciami  entrare per sempre nella tua vita. Se tu mi parli dei tuoi sogni, anch’io volentieri ti svelerò i miei.  Dimmi del tuo bisogno di paternità, perché finalmente tu possa avere una discendenza, potendo abitare una terra stabile e ricca, così da poter poi morire in pace”. E così il Signore gli promette un  futuro, stabilendo con lui un’alleanza:

“diventerai padre di una moltitudine di nazioni (…). E ti  renderò molto, molto fecondo; (…). La terra dove sei forestiero, (…), la darò in possesso per sempre  a te e alla tua discendenza dopo di te; sarò il loro Dio” così come lo sono con te. E Abram Gli crede;  e semplicemente s’affida, lasciando che i sogni del suo Dio s’intreccino e si confondano con i suoi.  Permettendo al Signore di prendere casa tra gli uomini. Proprio in forza di quella loro singolare  amicizia, il Verbo di Dio si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi. Come un dono inatteso, un  amore senza confini. Amami ancora tu, Signore! Anche se sono povero e non ti merito più. Amami  ancora quando mi alzo al mattino, pieno di sogni e quando mi corico la sera, pieno di delusioni;  quando lavoro per inerzia, quando mi sento vuoto e ti prego distratto. Amami ancora Tu, Signore. 

don Walter Magni