SANTISSIMA TRINITÀ
Anno B – Rito Ambrosiano
Ti ho cercato, Signore, per contemplare la tua gloria
Giovanni 15,24-27 – In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: 24«Se non avessi compiuto in mezzo a loro opere che nessun altro ha mai compiuto, non avrebbero alcun peccato; ora invece hanno visto e hanno odiato me e il Padre mio. 25Ma questo, perché si compisse la parola che sta scritta nella loro Legge: Mi hanno odiato senza ragione. 26Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; 27e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio».
Fratelli, sorelle,
“Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato” sta scritto nel Vangelo (Gv 1,18). Ce l’ha rivelato raccontandolo (Ss. Trinità, 26 maggio 2024). Vedendo una donna impastare la farina, immaginava che così lievitava anche l’amore di Dio nel mondo; se dei pescatori pulivano le reti, sognava che anche il cuore di Dio poteva raccogliere tutti, proprio tutti, come in una grande rete gettata nel mare. E se veniva circondato da un gregge di pecore, carico di compassione giungeva a ritenerSi il Pastore di tutta quella gente dispersa.
Narrare Dio
E invece come ci raccontiamo noi solitamente? Servendoci di un linguaggio dualistico, che spesso diventa scontro e opposizione. E se è importante distinguere il giorno dalla notte, il buono dal cattivo, la destra dalla sinistra, vigiliamo attentamente quando la discussione diventa contrapposizione; soprattutto nelle nostre relazioni, nella vita politica e sociale, nel conteggio dei nostri interessi, dove capita spesso che se qualcuno guadagna, qualcun altro perde sempre qualcosa. Gesù, piuttosto, se pure qualche volta Si è servito di nostri linguaggi, tuttavia ci ha raccontato di un Dio che è uno e trino, starei per dire circolare. Soprattutto ci ha parlato di un Padre che Lo ama a tal punto che anche Lui lo riama alla follia, pieno di gioia e carico di commozione. Sino a sentirSi legato al Padre come un tutt’uno con Lui, una realtà sola, inscindibile. Perché tra loro fluisce la brezza leggera, il fuoco trasformate dello Spirito santo, dal quale Gesù stesso è stato concepito in Maria. E questa narrazione che Gesù ci ha fatto di Dio non chiede che d’essere semplicemente accolta. Così come Lui ce l’ha consegnata. Senza imbrigliarla in qualche formula o in una trama di ragionamenti che poco dicono dell’amore di Dio, che è Dio. Così ci sarà dato di andare oltre il gioco degli antagonismi in cui spesso ci confiniamo. Rilanciati in una prospettiva d’amore non di una Persona che segue l’altra, ma dell’una nell’altra. Nel flusso di una circolarità d’amore crescente che s’allarga, rompendo qualsiasi argine e barriera, dilagando nel mondo senza fermarsi più.
Rimanendo sulla soglia
E con Dio non possiamo essere aggressivi. E volendo parlare di Lui, come Gesù ci ha insegnato, cerchiamo di essere anzitutto discreti, Come qualcuno ha scritto giustamente: “la narrazione ha certamente la pretesa di raggiungere un significato, senza tuttavia commettere l’errore di definirlo” (H. Arendt). Perché riguardo a Dio e a una Sua definizione siamo e saremo sempre sulla soglia. E se qualcosa di Lui vogliamo ancora dire, un punto fermo resta quanto Gesù ci ha detto, lasciandoci di volta in volta accompagnare dalla fantasia unica e irripetibile dello Spirito santo. Perché Dio non Si arresta mai e non può che continuare ad amare, perdutamente sino a che tutti Lo possano sentire. E imparare così a scorgerNe qua e là qualche segnale che Lo preannuncia, come annusando ancora la Sua inestimabile presenza. E come Mosè davanti al rovente che arde senza consumarsi, mi tolgo i sandali e prostrato Lo adoro osando chiederGli ancora: chi sei ancora Tu mio Dio? (Es 3,1-6).
Volto di Padre che Gesù mi ha rivelato e che tuttavia ancora cerco e non posso smettere di cercare. Come mi trovassi in un territorio che non posso ricomporre a piacimento e solo importa che mi fermi a contemplare, adorandoLo ancora. Come Gesù che esulta cantando:
“Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza” (Mt 11,25-26). E “Io ascolto il fruscio / della terra. / Io so che Dio viene / e in un sottile / alito di vento” (A. Casati, 2017).
Continuando ad amare
Se il Dio dei filosofi era inaccessibile, Gesù invece Lo ha consegnato nelle nostre mani: “dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi” (Rm 1,9). E così ce Lo presenta nelle vesti di un padre premuroso, o di una madre attenta, o come un fratello, un amico, come il Salvatore. Turoldo, poco prima di morire, in Ultime poesie scriveva parlando a Dio: “Conosco la tua tristezza: / di non poter riversare / in tutto il creato / la tua plenitudine: / – così ti sei fatto / uno di noi, noi stessi, / ragione della tua follia / – tristezza di sapere che noi – / noi soli nell’intero creato / possiamo farci del male: / e non perché / ti offendi / ma perché ami”.
Noi siamo certi, così come ancora Paolo ricorda, che ormai “l’amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5). E questo ci basta e ci incoraggia a continuare. Ci è chiesto, molto semplicemente di ripetere in noi il miracolo dell’amore di Dio per questo mondo, così come Gesù ce l’ha insegnato.
Qui sta tutto il nostro fare, il nostro correre, il nostro servire. Giovanni Damasceno (VII sec.) diceva: “se un pagano ti chiede chi è Dio, non rispondergli con parole tue. Prendilo per mano e portalo in chiesa, mostrandogli le immagini e le opere d’arte più belle che in essa si trovano”. Perché gli altri, la gente, non s’aspettano altro che sentirsi amati, lasciando le parole come seconda istanza, quasi una spiegazione che non sempre è richiesta, perché solo l’amore basta. “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,36).
don Walter Magni