Rito Ambrosiano – Commento al Vangelo di domenica 26 Novembre 2023 – don Walter Magni

TERZA DOMENICA DI AVVENTO

Anno B – Rito Ambrosiano

Le profezie adempiute

Giovanni 5,33-39 – In quel tempo. Il Signore Gesù disse: 33«Voi avete inviato dei  messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. 34Io non ricevo testimonianza da un  uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. 35Egli era la lampada che arde e risplende, e voi  solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce. 36Io però ho una testimonianza superiore  a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto  facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. 37E anche il Padre, che mi ha mandato, ha  dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto,  38e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato. 39Voi scrutate le  Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di  me».

Fratelli, sorelle,  

siamo alla III domenica di Avvento (26 novembre 2023) e tutta la liturgia ci aiuta a definire il cristiano,  il credente: uno che sa attendere il Signore, che lo sa aspettare, anche si dovesse trovare a vivere in  circostanze e situazioni difficili, persino di persecuzione. Risulta pesante l’amara constatazione di  uno scrittore del secolo scorso: “sono stanco di cristiani che aspettano la venuta del loro Signore con  la stessa indifferenza con cui si aspetta l’arrivo dell’autobus” (Ignazio Silone). 

“Roccia da cui siete stati tagliati” 

E anzitutto rendiamoci conto che per saper guardare avanti, sapendo attendere il Signore che viene,  è urgente saper tornare alle radici. Grida, infatti, così il profeta Isaia: “Ascoltatemi, voi che siete in  cerca di giustizia, voi che cercate il Signore; guardate alla roccia da cui siete stati tagliati, alla cava  da cui siete stati estratti”. Se aspetti davvero il tuo Signore non dimenticare le tue radici. Perché tu  sei la punta estrema di una lunga storia. Scorporato con la tua libertà da una roccia che il tempo non  ha consumato e nessun terremoto ha mai potuto frantumare. C’è al cuore della tua esistenza un dono  unico e irripetibile nella nostra esistenza, un dono di fede, di affidamento che chiede d’essere  custodito.

E la memoria può correre a tutti coloro che ci hanno insegnato a balbettare parole e gesti  di fede. Quando prima di correre a scuola al mattino mia madre mi invitava a ripetere una preghiera:  “Ti adoro mio Dio, ti amo con tutto il cuore…”. E ancora più bambino, quando mio padre alla sera  accompagnava con la sua mano la mia insegnandomi il segno della croce invitandomi a ripetere con  lui: “nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”. E poi fu l’incontro con un prete santo e il  suo modo di celebrare; la pazienza di alcune catechiste, lo sguardo accogliente di tanti educatori. Chi  mi ha introdotto ai gesti e alle parole della fede sono la roccia dalla quale sono stato ritagliato, la cava  dalla quale sono stato estratto. Ritornare ai segni della fede disseminati nel proprio passato diventa  così fondamentale e imprescindibile per intuire la direzione di Colui che ancora mi viene incontro. 

“Lampada che arde e risplende” 

E il Vangelo ci invita a guardare ancora a Giovanni Battista, definito da Gesù “testimone della verità”.  Non testimone di sé stesso, di qualcosa o di qualcuno. Lui è “testimone della verità” perché ha mirato  diritto a Colui che sempre viene, e non delude. Testimone di Colui che senza indugio, senza mezzi  termini, con lucidità e consapevolezza Si è definito pienezza della verità: “Io sono la verità” (Gv  14,6). Andrebbe ricercato a lungo e in profondità il percorso che ha portato Giovanni il Precursore a individuare in Gesù quella verità che qualsiasi cuore sincero ricerca. E cosa sia intercorso tra loro  nessun libro ce l’ha mai rivelato appieno. Proprio come nessuno potrà mai ridire in pienezza cosa  intercorre tra il bisogno che ciascuno di noi ha nei confronti di Lui e fino a che punto Lui stesso ancora oggi ci stia cercando, ci stia ancora ancora aspettando.

Il fatto è che Giovanni Battista è così  diventato “come una lampada che arde e risplende” nei confronti del suo Signore. Al punto che Gesù  stesso rimprovera coloro che dopo essersene accorti poi se ne sono andati, perché, dice Gesù, “voi  solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce”. Così il nostro Dio continua ad avanzare  nel mondo dentro l’umiltà di uomini e donne che con la loro vita semplice sono come lampade che  illuminano le nostre strade incerte e nebbiose. Uomini e donne per nulla preoccupati di apparire.  Solo protesi a far sì che anzitutto Lui solo si veda e avanzi. Come l’amico dello sposo che “esulta di  gioia alla voce dello sposo”. Perché “Lui deve crescere e io diminuire” (Gv 3,29-30). 

“voi siete il profumo di Cristo” 

E un’ultima immagine ce la regala oggi Paolo nell’epistola ai Corinti quando afferma che voi siete  “il profumo della sua conoscenza! Noi siamo infatti dinanzi a Dio il profumo di Cristo”. È urgente  che ci siano ancora credenti capaci di declinare il Vangelo, come “profumo della sua conoscenza”. Come qualcosa che non è anzitutto frutto di una ricerca dell’intelligenza e delle sue categorie  interpretative del senso del reale, ma come qualcosa che si può percepire perché si dà come una  grazia, un profumo che dopo che l’hai percepito diventa irresistibile e ti avvolge e non puoi fare a  meno di ricercarlo ancora. Come l’amata del cantico dei cantici insegue l’amato del suo cuore.

Paolo,  tuttavia, parlando ai cristiani di Corinto, allude a un profumo che non è frutto delle nostre alchimie,  di qualche dosaggio segreto. È piuttosto il profumo proprio di tutti coloro che, appartenendo anzitutto  a Lui, abitati da Lui, semplicemente Lo diffondono attorno a loro. “Anche noi siamo, per così dire,  un incensiere regale e, dovunque andiamo, spandiamo un profumo di cielo, un odore spirituale” (Giovanni Crisostomo, Omelie su 2ª Corinzi 5,2). E questa è, molto semplicemente la natura propria  dell’amore vero, che quando c’è non puoi non percepire. Come fece quella sera Maria di Betania,  durante quella cena familiare a Betania. S’accovaccia ai Suoi piedi e con “una libbra d’olio  profumato, di nardo puro, di gran valore, unse i piedi di Gesù e glieli asciugò con i suoi capelli; e la  casa fu piena del profumo dell’olio” (Gv 12,3). Quel profumo ci inebri ancora, ci avvolga sempre.

don Walter Magni

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