XII DOMENICA DOPO PENTECOSTE
Anno C – Rito Ambrosiano – 28 agosto 2022
Nella tua legge, Signore, è tutta la mia gioia
Lettura del Vangelo secondo Matteo 18,1-10 – In quel tempo. I discepoli si avvicinarono al Signore Gesù dicendo: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?». Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me. Chi invece scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare. Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che vengano scandali, ma guai all’uomo a causa del quale viene lo scandalo! Se la tua mano o il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo e gettalo via da te. È meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, anziché con due mani o due piedi essere gettato nel fuoco eterno. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te. È meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna del fuoco. Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli».
Fratelli, sorelle.
la Parola di Dio di questa domenica (che precede il Martirio di S. Giovanni il Precursore, 28 agosto 2022) affronta il tema dello scandalo. Nella prima lettura lo scriba Eleazaro per non scandalizzare i più giovani della comunità ripudiando la Legge sceglie il martirio e anche Gesù, nel brano evangelico di Matteo, è durissimo con chi scandalizza anche “uno solo di questi piccoli che credono in me”.
Non scandalizzare i giovani
Per sé la politica del re Antioco IV del quale ci parla il II libro dei Maccabei non era cancellare il culto del Dio di Israele, ma di eliminare alcune usanze discutibili. Egli, volendo allargare il culto di Dio oltre i confini della Palestina riteneva dannosa la proibizione di mangiare carne suina in nome della fede. Sarà poi Paolo due secoli più tardi a vincere la battaglia, difendendo il diritto di portare la fede in Gesù a tutti i popoli, sganciandosi da ogni legalismo religioso. Del resto anche Gesù aveva affermato che non sono certi alimenti che entrando in noi ci rendono impuri, cioè indisponibili a Dio. ma “sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro” (Mc 7,15).
Ma anche cercando di andare oltre la questione posta dal re Antioco IV a riguardo della non impurità di certi alimenti, la Parola di Dio ci mette in evidenza la rettitudine morale dello scriba Eleazaro, che, rifiutandosi di mangiare carne suina, non vuole scandalizzare i più giovani della comunità ebraica. Infatti “non è affatto degno della nostra età fingere, con il pericolo che molti giovani (…) si perdano per causa mia”. Una coerenza che ci colpisce e ci fa bene mettere in evidenza, anche solo per notare se questa dirittura morale ci appartiene ancora. Indipendentemente dal valore della norma in questione saremo in grado di fare altrettanto? Per una ragione di coerenza? E andando più in profondità: in che termini ci sentiamo oggi in un debito di fede nei confronti dei giovani che ci osservano? Dei più piccoli che spesso capiscono al volo i sotterfugi e le doppiezze degli adulti?
“Tra voi non sarà così”
E nell’episodio evangelico odierno sono proprio i discepoli che domandano a Gesù: “chi è dunque più grande nel regno dei cieli?”. Gesù risponde con una azione precisa. Chiama a sé un bambino e lo pone in mezzo dicendo: “in verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli”. Per sé la nostra versione liturgica traduce bambino, ma il termine greco paidìon andrebbe inteso anzitutto come ragazzo, cioè servo, garzone. Così che il termine tapeinòses, tradotto con ‘diventare come bambini’ in questa prospettiva acquista il significato di saper stare in basso, abbassarsi fino a terra, cioè: farsi umili. Questo, dunque, il senso dell’invito di Gesù a chi decide di farsi Suo discepolo: abbassarsi, mettersi a servizio con tutta umiltà.
Come dicesse: se non cambiate modo di pensare e non diventate come questi garzoni che si curvano sino a rannicchiarsi per terra, si fanno piccoli per servire, nel regno di Dio non c’entrerete. Non viene tanto proposta una spiritualità ingenua e umiliante, ma viene affermato il principio che nella comunità dei cristiani tutti sono garzoni, servi gli uni degli altri per amore. Tanto che poco più avanti Gesù stesso dirà ancora parlando ai Suoi “Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mt 20,25-28).
La rivoluzione della tenerezza
A uno psichiatra non credente, ma dal tratto profondamente umano, fu chiesto un giorno in cosa consiste la maturità umana. E la sua risposta fu: “è la tenerezza”. Perché la tenerezza è l’opposto della violenza. È un atteggiamento del corpo: degli occhi, delle mani, del tono di voce, ci permette di riconoscere che nell’altro c’è della bellezza, della bontà e proprio per questo glielo rivelo. Gesù infatti è venuto a insegnarci proprio la tenerezza. Per questo chi è il più grande in una comunità, per riconoscimento o per consapevolezza, ha il dovere di mettersi a servizio dei più piccoli, che spesso sono i più deboli e indifesi. Quelli che agli occhi del mondo non contano nulla. Certo, questa pagina di Vangelo va pure letta avendo il coraggio di guardare al fenomeno della pedofilia nella Chiesa, che tanto è stato preso di mira in questi ultimi anni dai media.
Certamente non può essere taciuta la severità delle parole di Gesù che condanna chi scandalizza un bambino ad essere “gettato nel profondo del mare”, senza dimenticare tuttavia lo sguardo carico di tenerezza che Gesù ha sempre espresso nei confronti di qualsiasi peccatore “L’unica forza capace di conquistare il cuore dell’uomo è la tenerezza di Dio. Ciò che incanta, attrae, ciò che piega e vince, ciò che apre e scioglie le catene non è la forza degli strumenti o la durezza delle leggi, bensì la debolezza Onnipotente dell’Amore divino” (Papa Francesco, Città del Messico 13/02/2016). Come affermava Gandhi: “La crescita in tenerezza e in maturità sono i veri segni del successo nella vita”.
don Walter Magni