Rito Ambrosiano – Commento al Vangelo di domenica 28 Novembre 2021

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TERZA DOMENICA DI AVVENTO

Anno C – Rito Ambrosiano – 28 novembre 2021

Le profezie adempiute

VANGELO:

Lc 7,18-28 Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito
In quel tempo. 18Giovanni fu informato dai suoi discepoli di tutte queste cose. Chiamati quindi due di loro, Giovanni 19li mandò a dire al Signore: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». 20Venuti da lui, quegli uomini dissero: «Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”». 21In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. 22Poi diede loro questa risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. 23E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». 24Quando gli inviati di Giovanni furono partiti, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? 25Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che portano vesti sontuose e vivono nel lusso stanno nei palazzi dei re. 26Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. 27Egli è colui del quale sta scritto: Ecco, dinanzi a te mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via. 28Io vi dico: fra i nati da donna non vi è alcuno più grande di Giovanni, ma il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui.

Fratelli, sorelle,

Gesù, per quanto sia già entrato nella nostra storia (adventus), tuttavia, in quanto morto e risorto, ci viene incontro continuamente come Colui che ancora viene (adveniens). Tra queste due situazioni – l’essere già venuto nella storia e il fatto che tornerà, verrà, alla fine del mondo – sta il tempo della nostra storia, come occasione di continua conversione a Lui e sequela di Lui. Una adesione a Gesù che a suo modo ha dovuto esercitare anche Giovanni Battista (III di Avvento, 28 novembre 2021).

Equivoci

Circa la conversione ci sono dei fraintendimenti. Una prima confusione consiste nell’intendere la conversione come il passaggio di chi va dal non essere credente al credere, dal non credere in Dio all’accedere a qualche espressione religiosa. Quando Giovanni Battista gridava nel deserto: “fate dunque frutti degni della conversione” (Mt 3,8) non si rivolgeva a dei non credenti, ma a degli ebrei convinti della loro fede. Orgogliosi di appartenere alla lunga tradizione religiosa avviata da Abramo. Il secondo equivoco a riguardo della conversione consiste, invece, nel ritenere che essa sia frutto di una sola e singola azione. Un atto di conversione che una volta avvenuto, è posto per sempre. Invece, tutti sperimentiamo che ci si converte con fatica nel tempo. Come se la conversione fosse un atteggiamento che ci accompagna tutta la vita. Siamo continuamente in stato di conversione. Come, del resto, ci insegna la liturgia eucaristica alla quale partecipiamo: sempre all’inizio ci viene chiesto di chiedere perdono: “confesso a Dio Onnipotente e a voi fratelli e sorelle, che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni…”. Ed è quanto si può evincere dall’ascolto del brano evangelico odierno. Non solo Giovanni ha aiutato tanta gente a convertirsi al Messia veniente, a Gesù di Nazareth che stava per comparire sulla scena, ma è lui stesso che si è dovuto convertire a Gesù, modificando alcune sue convinzioni messianiche, una sua immagine di Dio, un insieme di attese che si portava dentro, imparando a convergere sulla figura di Gesù.

Domande

In cosa consiste propriamente la conversione di Giovanni Battista? Nel passare da una sua visione del Messia veniente alla messianicità che Gesù intendeva rappresentare. Un passaggio non scontato per un ebreo osservante ed esperto della Scrittura qual era. Giovanni Battista s’era abituato ad avere un consenso spirituale molto vasto visto che tanta gente accorreva a lui per ascoltarlo e farsi battezzare. Alla scuola di alcuni profeti biblici s’era fatto l’idea di un Messia guerriero più che mite e misericordioso. Che avrebbe liberare il popolo d’Israele dalla schiavitù nella quale era caduto a causa dei suoi peccati. Anzi, proprio a causa di questa sua predicazione schietta con il potere politico era stato imprigionato.

E mentre si trovava in carcere, gli giungeva l’eco dei successi che proprio Gesù stava raccogliendo, proponendo una predicazione molto diversa dalla sua. Infatti: “Giovanni fu informato dai suoi discepoli di tutte queste cose”. Intanto dentro di lui andava rimuginando tante riflessioni e alcune domande. Decise così di chiamare due suoi discepoli per mandarli a dire a Gesù: “sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”. Forse Giovanni si sentiva confuso a riguardo di Gesù. Per un verso Lo ammirava; per un altro qualcosa forse non lo convinceva. Anche la roccia del deserto può essere raggiunta dal dubbio che a lungo consuma. Anche i nostri giorni non sono tutti uguali: ci sono giorni nei quali ci consumeremmo per Gesù e ce ne sono altri nei quali ci domandiamo se stando con Lui siamo sulla strada giusta…

Convertirsi a Gesù

Stando a Giovanni Battista, il Messia avrebbe dovuto separare di netto il grano dalla paglia, facendo piazza pulita di tutto quello che non va in questo mondo, che tutto confonde e appiattisce. Ma Gesù non stava agendo in questo modo, non stava separando i giusti dai peccatori. Piuttosto, i peccatori li andava a cercare, sedendoSi a tavola con loro! Forse che anche in noi sia rimasto un po’ del lievito moralistico di Giovanni Battista? Le sue stese domande di pulizia e di chiarezza che magari con l’acqua sporca butta via anche il bambino? Che senso ha un mondo così corrotto? Perché Dio non scaglia un fulmine e incenerisce tutto? Perché non ricomincia da capo come dopo il diluvio di Noè? E questo Papa cosa sta combinando? Cosa vuol dire “chi sono io per giudicare”?

Intanto la Chiesa va a rotoli! Sembra fare come Giovanni XXIII: stigmatizza il peccato, ma poi corre subito ad abbracciare i peccatori. E dove sta portando la Chiesa? Non rischiamo una confusione che ci porterà all’estinzione? Anche Gesù amava parlare chiaro e a Giovanni ricordava fatti, non parole: “andate e riferite: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo”. Altro è la fede dei libri e delle affermazioni perentorie e altro è, dopo aver detto, prendersi cura dei poveri, dei più deboli, degli scartati. Più che rispondere alla domanda se è Lui o non è Lui il Messia, Gesù risponde con i fatti. Fatti di Vangelo, opere di misericordia, semplicemente. Così anche le nostre parole prendono senso e valore!

don Walter Magni