Rito Ambrosiano – Commento al Vangelo di domenica 29 Dicembre 2024 – don Walter Magni

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DOMENICA NELL’OTTAVA DEL NATALE DEL SIGNORE

29 Dicembre 2024 Anno CRito Ambrosiano

Cristo Verbo e Sapienza di Dio

Giovanni 1, 1-14 – 1In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. 2Egli era,  in principio, presso Dio: 3tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che  esiste. 4In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; 5la luce splende nelle tenebre e le tenebre  non l’hanno vinta. 6Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. 7Egli venne come  testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. 8Non era lui la  luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. 9Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni  uomo. 10Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non la ha  riconosciuto. 11Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. 12A quanti però lo hanno accolto ha dato  potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, 13i quali, non da sangue né da volere  di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. 14E il Verbo si fece carne e venne ad  abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che  viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. 

Fratelli, sorelle,
mentre ancora abbiamo negli occhi il presepe di Gesù bambino, il Prologo del Vangelo di Giovanni che oggi la liturgia ci regala (Domenica nell’Ottava del Natale, 29 dicembre 2024) ci fa puntare gli occhi lontano, agli inizi del mondo, del tempo. Per indicarci chi sta in principio, al principio di tutto. E intanto ci sta davanti il bambino Gesù che dorme in braccio a Maria, con Giuseppe che Lo guarda stupito.

“La Sapienza grida:”
E guardare in profondità nel mistero di questo Bambino non c’entra con le domande degli astronomi e i calcoli degli scienziati, pur legittimi e degni di stima. Raccoglie, piuttosto, gli interrogativi profondi di tutti coloro che cercano un senso, una direzione nella loro esistenza.

Che talvolta giungono a chiedersi se mai un senso esista e meriti d’essere cercato ancora. Perché, stando dentro la vita della gente, non si riesce a capire se quanto avviene abbia ancora un senso, tanto dilaga infatti l’insensatezza.

Al punto che a volte, senza andare troppo lontano, sembra di stare fermi, con gli occhi fissati sul retro di un arazzo, davanti a un groviglio di fili che vanno in tante direzioni. E ognuno non è che un filo che si intreccia con altri; si perde e scompare.

“E ti domandi allora…”
E ti domandi allora dove sei finito, senza però venirne a capo. E ti sorge dentro il dubbio, sentendo la tua piccolezza, tutta la tua precarietà, se sei ancora parte di un disegno. Ecco perché avviene che qualcuno, camminando a ritroso, rimane affascinato da ciò che sta all’origine.

Dall’in principio di una Sapienza che si fa sentire, che addirittura “grida: ‘Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, all’origine. Dall’eternità sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra.

Quando non esistevano gli abissi, io fui generata, quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua; prima che fossero fissate le basi dei monti, prima delle colline, io fui generata, quando ancora non aveva fatto la terra e i campi né le prime zolle del mondo’”.

Non l’insensatezza dunque ci ha principiati, sta alla nostra origine, ma una Sapienza che c’entra con Dio, che è Dio.

“In principio era il Verbo”
E ancora sta scritto nel libro dei Proverbi che la Sapienza di Dio, che è Dio, dice, parlando di sé: “ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo”.

Perché la Sapienza di Dio desidera da sempre la gioia per noi, desidera la nostra felicità. Perché In principio era la gioia (Matthew Fox, 2011); sin da principio Dio ci regala un sorriso di compiacimento.

E rattrista che invece ancora si pensi che la nostra religione sia mortificante, perché mette pesi sulle spalle della gente. Mentre il nostro Dio semplicemente ci vuole felici. Come ci dicesse: voglio il tuo bene, desidero che tu sia felice.

“Tutto è stato fatto per mezzo di Lui”
E poi il Prologo ci dice che “Tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste”. Come si dicesse che non c’è nulla che non porti in sé una traccia del divino! Nulla di quanto c’è oggi; nulla di quanto ci fu dall’inizio del mondo.

Nessuna donna, nessun uomo esente; ma anche nessuna goccia d’acqua, nessun filo d’erba, nessun popolo del mondo, nessuna religione, nessuna cultura. Nulla di quanto oggi vedrai uscendo per le strade.

“Il Verbo si fece carne…”
Così, con la forza indicibile di questa parola ci sarà dato di vedere l’anima del mondo. Che meraviglia sarebbe poter scrivere sulle pareti delle nostre case parole come queste. Poter incidere sulle pareti dell’anima che davvero “tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste”.

Dal più lontano al più vicino, perché “il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Come se proprio tutto ormai c’entrasse con Lui, che come Verbo di Dio sin dal principio desidera diventare carne come noi.

Quasi che la carne fosse il punto estremo dei Suoi desideri. Di noi che siamo carne, storia; che siamo volto e che parliamo con parole e con il volto, che ci esprimiamo con scoppi di riso, poi col silenzio, poi col pianto.

Noi che siamo mani che lavorano e che ci doniamo con una carezza; occhi che scrutano o che semplicemente restano fessure di bellezza. Noi che siamo corpo e attesa di profumo, di vino, di abbracci.

E accorgersi intanto che Gesù ci ha amato proprio così, lasciandoSi toccare e toccandoci a Sua volta. Davvero il vangelo è Parola in un corpo, fatta carne della nostra carne. E questo ci riempie di una gioia indicibile e profonda.

don Walter Magni