Rito Ambrosiano – Commento al Vangelo di domenica 29 Settembre 2024 – don Walter Magni

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V DOMENICA DOPO IL MARTIRIO
DI SAN GIOVANNI IL PRECURSORE

Anno B – Rito Ambrosiano

Beato chi cammina nella legge del Signore

Luca 10, 25-37 – In quel tempo. 25Un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova il Signore  Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». 26Gesù gli disse: «Che  cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». 27Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il  tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo  come te stesso». 28Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai». 29Ma quello, volendo  giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». 30Gesù riprese: «Un uomo scendeva da  Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a  sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. 31Per caso, un sacerdote scendeva per quella  medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. 32Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò  oltre. 33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione.  34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo  portò in un albergo e si prese cura di lui. 35Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede  all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”.  36Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?».  37Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così». 

Amare con Compassione: La Parabola del Buon Samaritano e l’Insegnamento di Gesù

Fratelli e sorelle, 

cosa significa amare? Gesù lo spiega con la parabola di quel samaritano (V domenica dopo il Martirio  di S. Giovanni il Precursore, 29 settembre 2024) che non ha amato “a parole né con la lingua, ma  con i fatti e in verità” (1Gv 3,18). Perché “vicini al Regno di Dio non sono quelli che pensano: ‘che  ne sarà di me, se mi fermo?’, ma piuttosto: ‘che ne sarà di lui, se non mi fermo?’” (M. L. King). 

“Che cosa devo fare…” 

Ci sono domande che dicono sete di senso. E una ritorna spesso: “che cosa devo fare?”. E il dottore  della Legge del Vangelo odierno specifica il tutto evidenziandone la ragione: “che cosa devo fare per  ereditare la vita eterna?”. Dove eterna dice il desiderio di una vita che si prolunghi oltre i nostri  piccoli orizzonti e il verbo ereditare dice a un tempo tutto ciò che si fa nella vita, ma anche quanto  altri hanno in noi. E grande è lo stupore di chi comincia a constatare che nessuno s’è mai fatto da sé. 

Perché anzitutto c’è Dio creatore, poi vengono i genitori e a seguire una infinità di fratelli e sorelle  che neppure abbiamo mai conosciuto. E dunque, dopo tutto questo a mio riguardo, cosa resta ancora  da fare? È Gesù, infatti, che così dice a chi L’ha interpellato: “che cosa sta scritto nella Legge? Come  leggi?”. Come reagisse a una domanda con un’altra domanda, volendo indurti a scavare dentro di te. Cos’è – infatti – tanto importante da pretendere un’attenzione così meticolosa?

In casa e per le strade,  quando ti svegli e quando ti corichi. Come un’icona da ritagliare sulle pareti o da appendere come un  pendaglio tra gli occhi. Così il biblista che Lo voleva mettere alla prova dovrà fare sintesi di tutto ciò che la Legge dice a questo riguardo: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la  tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso”. E Gesù  lo apprezza e lo incoraggia: “Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai”. Ecco dunque che cosa fare:  amare! Detto però al futuro: “amerai…”. Come a dire che non si finirà mai di amare.  

“Chi ama l’altro ha adempiuto la Legge” 

Anche Paolo sente l’urgenza di avviare una sintesi. A fronte del rischio che spesso corriamo di mettere  tutto sullo stesso piano, c’è sempre una gerarchia tra le cose da fare; tra tutti i precetti e le norme e le  leggi. Discernere tra ciò che sta prima e ciò che viene dopo, perché non tutto è uguale. E Paolo allora  afferma: “chi ama l’altro ha adempiuto la Legge”. E potrebbe stupire il fatto che in questa sintesi  così stringente e chiara sia come scomparso il nome di Dio.

Come ci domandassimo ancora: dove sta il centro dell’amore? Dove sta il suo vero oggetto? Nell’amore vicendevole dell’altro per l’altro, o  nell’amore di Dio che solo ci potrebbe bastare? E a questo nostro domandare risponde Gesù col Suo racconto, decidendo di mettere in scena da una parte i professionisti del sacro, il sacerdote e il levita,  e dall’altra un uomo, il samaritano, che dal punto di vista della Legge altro non è che un eretico  peccatore. E mentre vengono dal tempio, dal cuore del sacro, il sacerdote e il levita che non si fermano  vedendo quel poveretto, viene invece da una terra impura il samaritano che senza indugio si china sul  malcapitato.

Dunque, gli domanda Gesù: chi ha amato davvero “colui che è caduto nelle mani dei  briganti?”. Certo ormai che il luogo per amare resterà sempre la strada. “Noialtri, gente della strada,  infatti, crediamo con tutte le nostre forze che questa strada, che questo mondo dove Dio ci ha messo  è per noi il luogo della nostra santità. Noi crediamo che niente di necessario ci manca. Perché se  questo necessario ci mancasse, Dio ce lo avrebbe già dato” (M. Delbrēl) 

“Va’, e anche tu fa’ così” 

E quel samaritano semplicemente s’è fermato per amore, per pura compassione: “Vide ed ebbe  compassione”. E se a fermarti è la compassione del cuore, allora non sai dove mai ti potrebbe portare.  Perché il verbo amare, a partire dal Deuteronomio è e rimarrà sempre scritto al futuro: “Amerai…”.  E così nel samaritano si accavallano pensieri e gesti che non s’arrestano: “Gli si fece vicino, gli fasciò  le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo”. Locanda. che nel greco usato dall’evangelista Luca significa “luogo accogliente verso tutti”.

Perché a questo  porta una compassione vera. Come ricorda papa Francesco: il samaritano ha dato a quel poveretto  soprattutto “il proprio tempo. Sicuramente egli aveva i suoi programmi per usare quella giornata  secondo i suoi bisogni, impegni o desideri. Ma è stato capace di mettere tutto da parte davanti a quel  ferito, e senza conoscerlo lo ha considerato degno di ricevere il dono del suo tempo” (Fratelli tutti). 

Abbiamo dunque cominciato a leggere e a commentare questo Vangelo domandandoci che cosa è più  urgente fare. E proprio il verbo fare ritorna anche al termine del racconto, quando Gesù conclude:  “Va’ e anche tu fa’ così”. Fa’ cioè come il samaritano, “che ha avuto compassione di lui”. Dove la  traduzione nostra “ha avuto compassione” nel testo greco potrebbe essere meglio resa dicendo che  “ha ‘fatto’ la compassione”. Perché in fondo altro non resta da fare che seminare, senza stancarsi mai, compassione e compassione nel mondo, come Gesù ci ha insegnato. 

don Walter Magni