Rito Ambrosiano – Commento al Vangelo di domenica 3 Aprile 2022 – don Walter Magni

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DOMENICA DI LAZZARO

Quinta di Quaresima – Anno C – Rito Ambrosiano – 3 aprile 2022

Lodate il Signore, invocate il suo nome

VANGELO: Giovanni 11,1-53

In quel tempo. 1Un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. 2Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. 3Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». 4All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». 5Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. 6Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. 7Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». 8I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». 9Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; 10ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui». 11Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo». 12Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». 13Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. 14Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto 15e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». 16Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!». 17Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. 18Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri 19e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. 20Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». 23Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». 24Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». 25Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». 27Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». 28Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». 29Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. 30Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. 31Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro. 32Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». 33Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, 34domandò:
«Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». 35Gesù scoppiò in pianto. 36Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». 37Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?». 38Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. 39Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». 40Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». 41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. 42Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». 43Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare». 45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui. 46Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto. 47Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. 48Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione». 49Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla! 50Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». 51Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; 52e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. 53Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.

Fratelli, sorelle,

non è scontato parlare di resurrezione. Lo stesso Paolo, all’Aeropago di Atene, dopo che aveva proclamato la morte e la resurrezione di Gesù morto, s’era sentito dire da alcuni filosofi che stava vaneggiando (At 17,32). Gesù più che spiegarci la resurrezione compie un fatto: riporta in vita un amico, Lazzaro a Betania. Più delle parole conta l’amore (V domenica di Quaresima, 3 aprile 2022).

“Come lo amava”

Il contesto è carico di emozioni. Come se l’amicizia di Gesù e la sovrabbondanza di espressioni di affetti familiari circolanti fossero l’orizzonte più adatto nel quale la vita di chi è stato inghiottito dalla morte può ancora rifiorire. È Gesù che ci porta a Betania, un villaggio poco fuori Gerusalemme, dove ama rifugiarsi. Lì ritrova gli amici che Lo fanno star bene. Con loro basta un abbraccio, qualche battuta, uno sguardo d’intesa, un sorriso carico di simpatia. Stando al Vangelo di Giovanni, questo clima familiare, questa atmosfera così carica di emozioni non è secondaria. Cominciano così le due sorelle, che, preoccupate e con delicatezza, fanno subito sapere a Gesù: che “colui che tu ami è malato”. E l’Evangelista precisa che “Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro”. Poi è Gesù che dichiara, trovandoSi ancora lontano: “il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo”. Giunto poi al villaggio, ecco che le sorelle si fanno avanti permettendosi un sottile rimprovero a Gesù: certo, che “se tu fossi stato qui…”. Così Gesù, vedendole piangere e i Giudei con loro, Si commuove a Sua volta, “profondamente”. Al punto che alcuni osano commentare: “come lo amava!”. Così non resta che prendere atto che la radice profonda di ogni grande gesto o segno di Dio a favore degli uomini parte dal cuore amante di Dio che ci ha fatti a nostra volta capaci di amore, di pianto, di partecipazione senza fine al dolore di ogni uomo che soffre e che muore. Come una corrente che a partire dal cuore di Dio ci attraversa e diventa una forza irresistibile nei confronti della vita.

“Gesù scoppiò in pianto”

E soprattutto l’esperienza del pianto, che attraversa l’intero episodio della resurrezione, diventa un presupposto decisivo per la comprensione del segno evangelico più alto della nostra fede. Gesù ci è venuto incontro senza temere di attraversare con noi una storia dell’umanità continuamente intrisa di lacrime e di pianto. Piangono le due sorelle che tuttavia continuano a confidare, a credere il Gesù Maestro e Signore. E piangono anche i Giudei che le accompagnano nei loro spostamenti improvvisi e carichi di dolore. Così come piange Gesù e la descrizione dettagliata di questa Sua partecipazione commossa andrebbe continuamente riletta. Come fosse anche questo e-vangelo, buona notizia. Come fosse qualcosa che ancora ci confonde, mentre Lui ci introduce a intuire un ordine nuovo nel mondo: “Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: ‘Dove lo avete posto?’. Gli dissero: ‘Signore, vieni a vedere! Gesù scoppiò in pianto”. Gesù non teme il nostro pianto. FacendoSene carico ne fa un segno che ritrova la vita, che apre alla speranza. Come il mattino di Pasqua, quando a Maria di Magdala domanda: “perché piangi? Chi cerchi? (Gv 20,15). L’evangelo della resurrezione di Gesù, a partire da quella di Lazzaro, intrecciandosi con l’esperienza del pianto, e di ogni nostro pianto, ne fa un segno forte che si apre nell’orizzonte della vita di Dio. Il pianto non è più, dunque, segno di debolezza, ma della forza consolante e trasformante del Dio della vita.

“Io sono la resurrezione…”

E una domanda resta: perché Gesù decide di riportare in vita un amico? Per amore, anzitutto per amore, per amore soltanto. E se Gesù risuscita l’amico Lazzaro per amore, allora ci è dato di comprendere che l’amore è la verità ultima che dice il senso, che dà ragione della Sua stessa resurrezione da morte. Non c’è altra spiegazione che possa acquietare la nostra coscienza affannata nella ricerca del senso della vita e della sua fine. Nell’annientamento della Sua vita attraverso una morte crudele e senza senso è sempre l’amore che ha la meglio e alla fine trionfa. Anzi, il serrato dialogo sulla resurrezione tra Marta e Gesù che l’Evangelista riporta diventa rivelatore di qualcosa di ancora più profondo e insondabile e che solo l’amore incarnato di Dio ci saprebbe spiegare. “Gesù le disse: ‘Tuo fratello risorgerà’. Gli rispose Marta: ‘So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno’. Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà…Credi questo?”. In Gesù, infatti, rivelazione piena dell’amore che per amore dà la vita, noi ritroviamo la vita: “Io sono – infatti – la resurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà”. L’incontro con Lui, la consuetudine, l’amicizia con Lui sono una certezza di vita. Come se la Sua stessa vita trapassasse in chi Lo segue, Lo apprezza e Lo ama. “Credi (tu) questo?”, sembra ripetere ancora a ciascuno di noi. E noi gli rispondiamo fidandoci ancora di Lui, cantando come tante volte durante le nostre liturgie: “Tu sei la mia vita, altro io non ho”, perdutamente.

don Walter Magni