XI DOMENICA DOPO PENTECOSTE
Anno B – Rito Ambrosiano
Mostrati a noi, Signore, nella tua santa dimora
Mt 21,33-46 – In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo». E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture: La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo; questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi? Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti. Chi cadrà sopra questa pietra si sfracellerà; e colui sul quale essa cadrà, verrà stritolato». Udite queste parabole, i capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro. Cercavano di catturarlo, ma ebbero paura della folla, perché lo considerava un profeta.
Fratelli, sorelle,
cos’è la Chiesa? Una organizzazione che un tempo sembrava essere così compatta e sicura di sé, almeno in Occidente, oppure, come ama dire papa Francesco, un ospedale da campo che fa quello che può? Forse anche il profeta Elia era attraversato da pensieri simili mentre scappava dalle mani della regina Gezabele (XI domenica dopo Pentecoste, 4 agosto 2024).
“Fino a quando salterete da una parte all’altra?”
La Lettura ci narra appunto la vicenda di Elia che sul monte Carmelo sfidò, in un sacrificio realisticamente insostenibile, ben 450 profeti di Baal. Davanti era schierato il popolo d’Israele che avrebbe dovuto decidere se stare con Baal, un idolo falso e muto, o il Signore che da sempre s’era preso cura di loro. Ed Elia intendeva ricondurre a Dio il suo popolo, sapendo di rischiare la vita. Da subito non usa mezze misure, sino a diventare provocatorio: “Fino a quando salterete da una parte all’altra? Se il Signore è Dio, seguitelo! Se invece lo è Baal, seguite lui!”.
Forse proprio questo saltellare di qua e di là che Elia rimprovera ai suoi, finisce per mettere il dito su una piaga che vale anche per noi, mentre una comunicazione senza scrupoli spesso gioca su una Chiesa affaticata e incerta. Così ci è dato di meglio comprendere che stare dalla parte del Vangelo non è mai stato facile e scontato. Capita, infatti di vedere spesso qualcuno saltellare qua e là per difendersi, cercando di infilare il piede nella scarpa più utile, ma non sempre giusta. E così lo stesso parlare si fa più ambiguo e meno attento al “sì sì, no no” del Vangelo, diventando un ni sussurrato appena.
E intanto il denaro e il potere avanzano e si fanno sentire, esibendo sempre un dazio duro da pagare. Idoli che anche Elia aveva previsto, ma che ancora incantano gli sprovveduti e ancora risuonano le sue parole: “Fino a quando salterete da una parte all’altra?”.
“Sono rimasto solo…”
Così Paolo nell’Epistola, ricordando l’esempio dei fedeli d’Israele, fa dire ancora ad Elia “Signore, hanno ucciso i tuoi profeti, hanno rovesciato i tuoi altari, sono rimasto solo e ora vogliono la mia vita”. Se decidi di non saltellare alla ricerca di qualche accomodamento, la possibilità dell’emarginazione e della solitudine a causa della fede potrebbe essere una possibilità. “Sono rimasto solo ed ora vogliono la mia vita”, sembrava gridare Elia, mentre cercava di sfuggire a Gezabele, verso il monte di Dio, l’Horeb. Così, anche se nel nostro tempo la solitudine ha un’accezione negativa, potrebbe diventare un’opportunità. Certo nel nostro mondo la solitudine incombe drammaticamente se è vero che nei paesi europei l’80% dei nostri ragazzi ha paura della solitudine.
Come fossimo tutti sempre più soli dentro, nonostante il nostro chiasso e il bisogno di infinite distrazioni. Torniamo a guardare in faccia alle nostre solitudini, lasciando che un sano silenzio risvegli in noi le forze migliori. Senza il timore di guardarci dentro, accettando di prenderci così come siamo. Reimparando la lezione dei semplici. Perché alla fine ciò che si salva ancora in un mondo percorso da tanti imbecilli, sono almeno i bambini e gli innamorati. Forse le uniche realtà sane che restano da guardare con delicatezza e amore, rimparando ad ascoltare come i bambini e a guardarsi come due innamorati. Così prenderanno corpo ancora sprazzi di speranza.
Respingere l’altro, annientare Dio!
E siamo al Vangelo facendosi una domanda: come si può arrivare a voler uccidere il Figlio di Dio, Gesù Nostro Signore? Di certo l’uccisione del figlio del padrone della parabola è l’epilogo di una sequenza di continui respingimenti criminosi. E così si giunge a respingere proprio quel Dio che ci vorrebbe stare accanto proprio mentre noi lo respingiamo. Come un padrone che, dopo aver affidato la sua vigna a dei contadini, arrivato il del tempo del raccolto, invia i suoi servi. “Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono”.
Una vicenda triste, che allude a storie di profeti perseguitati e che nasconde la dura verità di chi giunge ad uccidere il Figlio di Dio dopo essersi abituato ad escludere sistematicamente l’altro, che è il segno permanete e indelebile che precede l’arrivo del Signore. La chiusura reiterata delle nostre porte a chi si presenti sulla soglia chiedendo di condividere il frutto di un raccolto che gli è semplicemente dovuto ci rende tutti complici di un epilogo tragico.
Quando i contadini giungono al gesto estremo: preso il Figlio “lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero”. Possiamo solo invertire la rotta, imparando ad accorgerci che l’essenziale è sempre vicino, e ci sta accanto mischiato al nostro tran-tran quotidiano, imparando a guardare l’altro negli occhi, senza abbassare lo sguardo, accogliendo il segno evidente e luminoso di Dio che ancora ci viene a visitare.
don Walter Magni