SANTISSIMA TRINITÀ
Anno A – Rito Ambrosiano – 4 Giugno 2023
Cantate a Dio, inneggiate al suo nome
Giovanni 16,12-15 – In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: 12«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 14Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. 15Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà» iovanni 14,15-20 – In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: 15«Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi».
Fratelli, sorelle,
dopo il passaggio pasquale di Gesù e l’arrivo dello Spirito di Pentecoste, che come vento impetuoso e fuoco ardente obbliga gli apostoli a uscire dal Cenacolo per annunciare Gesù salvatore, la liturgia odierna (domenica della Santissima Trinità, 4 giugno 2023) ci invita a stare davanti alla pienezza della rivelazione di Dio che tutto si è donato in Gesù (Corpus Domini, giovedì 8 giugno 2023).
Desiderare Dio
Sin dai tempi della Iniziazione cristiana ci siamo abituati a ritenere che il nostro Dio si riassume tutto nella formula della Santissima Trinità. Ma questa espressione cosa ci dice davvero? Ci trafigge il cuore? Che tratti di Dio ci regala? Dov’è finita la bellezza di Dio? Abbiamo bisogno di scavare di più, andando alla ricerca della qualità stessa del cuore di Dio. Volendo percepire intensamente il Suo abbraccio di Padre, provare l’ebbrezza del dono smisurato di Sé propria del Figlio Gesù e la compagnia consolante dello Spirito santo!
Potrebbe certo capitare che alcuni tratti importanti del nostro Dio s’intreccino con le caratteristiche delle divinità di altre religioni importanti. Ma la certezza che per fede ci attraversa è che non siamo noi a dare un nome al nostro Dio. Piuttosto, essendo da lui creati a sua immagina –“Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza” (Gn 1,1) – desideriamo ritornare a lui, invocandolo, desiderandolo. E continueremo a chiedergli: “qual è il tuo nome?” (Es 3,13-14), come fece Mosè nel deserto, davanti a un roveto che ardeva senza consumarsi.
E sempre ci attraverserà la nostalgia del Suo volto luminoso, del Suo abbraccio avvolgente, come i salmi ci fanno pregare: “il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto” (sl 26). Gesù stesso, infatti, ci ha introdotti su questa strada di affidamento filiale senza riserve e di invocazione appassionata. E “che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: ‘Abbà! Padre!’” (Gal 4,6).
Dio è amore
E il nostro è un Dio che dopo averci iniziati e introdotti sulla strada della figliolanza, facendoci godere della Sua presenza, poi ci chiede di seguirLo, di accompagnarLo là dove il cuore Lo porta per amore. Senza stancacarSi di raggiungere chi ancora L’attende. E’ un Dio fatto così, impastato d’amore, un Dio che è amore. Che non è mai per Sé e che in Sé non trova alcun senso. Di sua natura sempre proteso oltre Sé sesso.
Come uno che semplicemente Si perde per l’altro, nell’altro, sino a consumarSi. Che sia proprio questo il senso della Sua graduale rivelazione lungo la storia? Così che è bello poterLo contemplare mentre di volta in volta ci regala un segno, un tratto, un nome che un poco Lo raccoglie e Lo regali alla nostra intelligenza, regalando un po’ di pace ai nostri cuori inquieti. Sino a prometterci che nello Spirito santo “tutta la verità” (Gv 16,12-15) che lo riguarda ci sarà data. Perché proprio questo il Figlio Gesù ci ha assicurato pregando il Padre. Un Dio che non ammette distanze e non vuole la nostra solitudine. Che ci viene incontro anche se noi Lo volessimo dimenticare.
Che se anche pensassi come dice il salmo: “‘Almeno le tenebre mi avvolgano e la luce intorno a me sia notte’, nemmeno le tenebre per te sono tenebre e la notte è luminosa come il giorno; per te le tenebre sono come luce” (139,11-12). Un Dio amante che non teme certo i miei limiti e le mie fragilità Anzi so che proprio lì il suo abbraccio si fa più intenso e consolante. Che con me gioisce e con me piange, che con me muore per sentirmi che ancora vivo con Lui.
“Affinché il mondo creda che tu mi hai mandato”
Alla scuola di un rabbino era arrivato un giovane ebreo. E mentre il rabbino continuava a parlare di Dio, il giovane gli disse a bruciapelo, annoiato dal suo dire: “ma di quale Dio ci stai parlando? Raccontacene un altro!”. Quanta verbosità a riguardo di Dio. Quanto disquisire della Sua esistenza, come fosse un teorema da dimostrare. In Occidente ci siamo ammalati di indifferenza a riguardo di Dio e darGli credito è diventato una fatica inutile, improduttiva. Non sappiamo più regalare la nostra vita per amore di Dio, come hanno fatto i martiri dei tempi antichi. Non sappiamo parlare di Lui per la paura di perdere la faccia. Abbiamo smarrito nei nostri ragionamenti la Sua identità, mentre senza grande originalità diciamo di credere tutti nello stesso Dio e moralisticamente ci diciamo dentro: “Dio non vuole”; “Dio mi castigherà per questo”, “non c’è più religione”. Dove ritrovare uno scatto capace di fare la differenza?
Come ricominciare a riguardo del nostro Dio in un mondo che sembra svuotato della Sua presenza? È sempre e solo a Gesù che bisogna tornare, riascoltandoLo mentre ci promette lo Spirito santo: “affinchè il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,23). “Senza lo Spirito Santo – infatti – Dio è lontano, il Cristo resta nel passato, il Vangelo è lettera morta, la Chiesa una semplice organizzazione, l’autorità una dominazione, la missione una propaganda, il culto un’evocazione e l’agire cristiano una morale da schiavi. Ma in lui: il cosmo si solleva e geme nelle doglie del Regno, il Cristo risuscitato è presente, il Vangelo è potenza di vita” (Ignatios di Latakia, metropolita).
don Walter Magni