QUARTA DOMENICA DI AVVENTO
Anno B – Rito Ambrosiano – 6 dicembre 2020
- LETTURA Isaia 16,1-5, Manda l’Agnello SALMO 149: Cantino al loro re i figli di Sion.
- EPISTOLA 1Tessalonicesi 3,11–4,2, Rendete irreprensibili i vostri cuori al momento della venuta del Signore nostro Gesù Cristo
- VANGELO Marco 11,1-11, Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide – 1Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, il Signore Gesù mandò due dei suoi discepoli 2e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. 3E se qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito”». 4Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. 5Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». 6Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare. 7Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. 8Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. 9Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! 10Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!». 11Ed entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l’ora tarda, uscì con i Dodici verso Betània.
Fratelli, sorelle,
il racconto evangelico odierno (IV domenica di Avvento, 6 dicembre 2020) racconta che Gesù, in prossimità di Gerusalemme, prima di entrarci acclamato dalla gente, invita due discepoli a cercare un asino in vista del Suo ingresso trionfale. È curioso il fatto che ancora oggi a Betfage è custodita la pietra su cui Gesù pose (la tradizione vuole che abbia posto???) il Suo piede per salire su quell’asino che Lo introdurrà nella città santa.
“Il Signore ne ha bisogno”
Gesù precisa ai discepoli: “se qualcuno vi dirà: ‘Perché fate questo?’, rispondete: ‘Il Signore ne ha bisogno’”. Cosa sta cercando Gesù? Di cosa ha bisogno? Matteo, in un passo parallelo (21,10-11), nota che Gesù stava attuando la profezia di Zaccaria: “Ecco il tuo re a te viene, egli è giusto e vittorioso, è mite e cavalca un asino, un puledro figlio di un’asina” (9,9). Ma come combinare un re che entra in una città per conquistarla con un asino? Gesù sapeva d’essere re – “Io sono re”, aveva detto a Pilato (Gv 18,37) – ma non come i re di questo mondo. RifacendoSi a Zaccaria, Gesù sceglie di cavalcare un asino per affermare che il Suo regno non c’entra col potere e col predominio. Piuttosto abbisogna della forza e dell’umiltà di un asino. Un animale da soma, sfruttato per la sua caparbietà e la forte tenuta nei lavori più duri e pesanti. A Roma, tra i resti della scuola per gli schiavi destinati al servizio dell’imperatore, si conserva una lastra di pietra (del III sec. d.C.), che raffigura un uomo crocifisso con una testa d’asino con una scritta che dice: “Alessàmeno adora il suo dio”. Non è stato difficile interpretare, immagine e scritta, nei termini di una beffa del cristianesimo. Tuttavia è possibile anche intravvedere una sorta di riconoscimento acuto e profondo della fede cristiana. Come si volesse cogliere in quel crocifisso con la testa d’asino la stoltezza della croce che si contrappone alla sapienza del mondo, della quale parla anche Paolo nella I ai Corinzi: “25Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini” (1,25)
“E li lasciarono fare”
Così i due discepoli eseguono le indicazioni ricevute da Gesù: “trovarono un puledro legato (…) e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: ‘Perché slegate questo puledro?’. Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare”. Chi sono questi personaggi anonimi, che lasciano fare ai discepoli senza una domanda, senza cercare di capire? Di loro non sappiamo nulla se non di questa lprontezza, persino arrendevole ai nostri occhi, con la quale lasciano fare. Figure marginali, quasi evanescenti, che pure hanno avuto l’onore di essere ricordate dal Vangelo per sempre. Padroni di un asino che diventerà addirittura più famoso di loro. Chi sono? Cosa pensavano? Da che parte stavano nei confronti di Gesù? A loro modo, quasi a loro insaputa, entrano pure loro nella scena che accompagna Gesù verso Gerusalemme. Non sapremo più nulla di loro, dei loro volti, di qualche loro dote o caratteristica o dello spessore della loro fede. Il Vangelo li concentra e li fissa tutti in quel: “e li lasciarono fare”. Questo affascina del Vangelo: che un piccolo gesto, un cenno, anche solo un consenso, diventa importante e decisivo nei confronti di Gesù, del Suo regno e della Sua missione. Di loro non si potrà dire nulla di più, ma anche nulla di meno di quanto dice il Vangelo. Che ne sappiamo di tante nostre parole dette nel tempo? Di piccoli gesti d’amore espressi, di un semplice sguardo, di un sorriso, di una stretta di mano, di una moneta data o di uno sguardo capace di misericordia? Quanto Avvento di Gesù che viene è disseminato lungo la nostra storia.
Vado avanti come un asino, seguendo te, Signore
E quei due discepoli “portarono il puledro da Gesù e vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra (…). Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: ‘Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore!’”. Anche qui si parla di gente che precede o che va dietro a quell’insolito corteo regale. Tutta gente che contribuisce a suo modo al compiersi del mistero di Gesù, Che va diritto incontro al Suo destino crocifisso, cavalcando un asino. Si tratta di gente semplice, che Lo acclama e Lo incoraggia ad andare avanti così, come sta facendo. Che semplicemente Lo riconosce come fosse solo presa dal bisogno un po’ istintivo di riconoscersi in qualcuno, capace di portarsi dentro un sogno, forse un grande ideale. E Lo accompagnano cantando e ripetendo all’infinito:“Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”. Come quando i bambini cantano in chiesa Osanna, battendo le mani, mentre gli adulti li guardano compiaciuti. Anche noi Ti guardiamo, Signore, mentre pure Tu a ci guardi, stando su un asino come fosse un trono. Tu non dici una parola, ma non fatichiamo a ricordare quando ci avevi invitati a seguirti dicendo: “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore” (Mt 11,28-30). Voglio continuare a seguirTi, cantando, mio Signore. Mentre, guardando alla mia vita, ho pure io l’impressione di avanzare come un asino. E ancora Tu comprendi e un po’ sorridi. Sì, Signore, non mi stancherò mai di seguirTi così.
don Walter Magni