II DOMENICA DOPO PENTECOSTE
Anno B – Rito Ambrosiano – 6 giugno 2021
Lodate il Signore dai cieli, lodatelo nell’alto dei cieli
LETTURA – Siracide 16,24-30: 24Ascoltami, figlio, e impara la scienza, e nel tuo cuore tieni conto delle mie parole. 25Manifesterò con ponderazione la dottrina, con cura annuncerò la scienza. 26Quando il Signore da principio creò le sue opere, dopo averle fatte ne distinse le parti. 27Ordinò per sempre le sue opere e il loro dominio per le generazioni future. Non soffrono né fame né stanchezza e non interrompono il loro lavoro. 28Nessuna di loro urta la sua vicina, mai disubbidiranno alla sua parola. 29Dopo ciò il Signore guardò alla terra e la riempì dei suoi beni. 30Ne coprì la superficie con ogni specie di viventi e questi ad essa faranno ritorno.
SALMO 148 – Lodate il Signore dai cieli, lodatelo nell’alto dei cieli.
EPISTOLA Romani 1,16-218,1-9b: Fratelli, 16io non mi vergogno del Vangelo, perché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del Giudeo, prima, come del Greco. 17In esso infatti si rivela la giustizia di Dio, da fede a fede, come sta scritto: Il giusto per fede vivrà. 8Infatti l’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell’ingiustizia, 19poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha manifestato a loro. 20Infatti le sue perfezioni invisibili, ossia la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute. Essi dunque non hanno alcun motivo di scusa 21perché, pur avendo conosciuto Dio, non lo hanno glorificato né ringraziato come Dio, ma si sono perduti nei loro vani ragionamenti e la loro mente ottusa si è ottenebrata.
VANGELO – Luca 12,22-31 – In quel tempo. Il Signore Gesù 22disse ai suoi discepoli: «Io vi dico: non preoccupatevi per la vita, di quello che mangerete; né per il corpo, di quello che indosserete. 23La vita infatti vale più del cibo e il corpo più del vestito. 24Guardate i corvi: non séminano e non mietono, non hanno dispensa né granaio, eppure Dio li nutre. Quanto più degli uccelli valete voi! 25Chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? 26Se non potete fare neppure così poco, perché vi preoccupate per il resto? 27Guardate come crescono i gigli: non faticano e non filano. Eppure io vi dico: neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. 28Se dunque Dio veste così bene l’erba nel campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, quanto più farà per voi, gente di poca fede. 29E voi, non state a domandarvi che cosa mangerete e berrete, e non state in ansia: 30di tutte queste cose vanno in cerca i pagani di questo mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno. 31Cercate piuttosto il suo regno, e queste cose vi saranno date in aggiunta».
Fratelli, sorelle,
mentre il Libro del Siracide ci esorta a imparare la sapienza di Dio: “nel tuo cuore tieni conto delle mie parole”, Paolo, nell’Epistola ai Romani ci fa intuire qual è lo stile del vero testimone: “Io non mi vergogno del Vangelo”. Nell’orizzonte di queste indicazioni, il Vangelo di questa domenica (II dopo Pentecoste, 6 giugno 2021) ci regala almeno tre indicazioni, anzi tre imperativi, preziosi.
Occuparsi senza preoccuparsi
Anzitutto non ti devi preoccupare: “Non preoccupatevi per la vita, di quello che mangerete; né per il corpo, di quello che indosserete”. E mentre Gesù ci invita a non preoccuparci per la vita, mette poi sullo stesso piano, mettendoci in guardia, sia cose necessarie e importanti come il cibo, come anche per altre più secondarie, come il vestito. Perché la nostra vita è definita da questi intrecci, ma se l’ansia diventa strutturale, permanente, allora come riuscire a darci un taglio? Del resto una distinzione va fatta. Altro è, infatti, occuparsi delle cose, anche quelle necessarie, dominandole e governandole; e altro invece è preoccuparsi al punto di lasciarsi dominare dagli eventi e dalle preoccupazioni che la vita di volta in volta ci presenta! Così la mente non è mai libera, tanto che di alcuni si dice che hanno la testa sempre via. Tanto occupati nelle loro cose da perdere la bellezza del volto della gente che ti sta accanto, seduta davanti a te sul tram o in metropolitana. E così inesorabilmente l’essenza e il valore dell’altro tende a svanire, così ricacciato continuamente nella nebbia dell’anonimato. Sentivo una trasmissione radiofonica che ragionava dell’uso che almeno due miliardi di persone su sei fanno dei videogiochi, per un numero indefinito di troppe ore al giorno. E subito in loro svanisce la distinzione tra il superfluo e il necessario nella vita. E segue a ruota, facilmente qualche forma depressiva sempre più difficile da curare. La propria identità si attenua; le cose prendono il comando, riempiendo di guadagni spudorati le canaglie dei loro padroni.
Nello sguardo provvidente di Dio
Diciamo anche che la nostra vita avrebbe bisogno pure di un po’ di autoironia. Quel senso di leggerezza, di allegria, che a volte sembra mancare proprio in certi ambienti ecclesiastici sin troppo seriosi, come se il mondo e la realtà dovessero andare avanti a sedute e a riunioni. La scritta a chiare lettere sulla maglietta di un ragazzo un po’ scanzonato diceva: “Dio esiste. Non sei tu. Rilassati!”. Saper guardare gli uccelli del cielo e i gigli del campo, come ci ricorda Gesù, diventa così importante e decisivo: “guardate i corvi: non séminano e non mietono, non hanno dispensa né granaio, eppure Dio li nutre. (…). Guardate come crescono i gigli: non faticano e non filano (…)”. Quando ci si stacca dal predominio delle cose e si attenua l’affanno, lo sguardo diventa contemplativo. Pablo Neruda cantava: “Ognuno ha una favola dentro / che non riesce a leggere da solo. / Ha bisogno di qualcuno che / con la meraviglia e l’incanto negli occhi / la legga e gliela racconti”. Superando, nello sguardo di Dio che già ti vede e che tu stai cercando, ogni distinzione tra ciò che conta e ciò che sembra contare meno. Tutto in Lui prende il sapore della provvidenza, dove nulla è per caso. Tutto trova un suo posto, una collocazione. Il nostro non è un Dio indifferente: “Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!” (Mt 10,29-31).
“Cercate piuttosto”
Infine l’invito è a cercare: “Cercate piuttosto il suo regno, e queste cose vi saranno date in aggiunta”. Come ci venisse chiesta una direzione precisa, un programma: “Cercate piuttosto il suo regno”. Dove piuttosto andrebbe tradotto come anzitutto. Una priorità che non ammette scusanti, che non accetta l’indecisione di chi continuamente rimanda l’urgenza di darsi una mossa, uno scossone salutare. Percorrere le strade del Regno di Dio comporta, infatti, il senso della dismisura, la generosità propria di Dio, che non calcola di principio, ma semplicemente ama. Perdonando all’infinito. Allora avverrà il miracolo delle cose che ci saranno pure “date in aggiunta”. Non in ragione di qualche ritorno finanziario fortunato, ma perché ci viene regalata l’intuizione che nell’orizzonte del Suo Regno in ogni cosa sta un’anima. Come fossimo raggiunti dalla grazia di ritrovarci in pace pur stando dentro il turbinio delle cose e anche la gente sembra travolgerti. Tu non appartieni a loro, non sei mai stato di nessuno. Senti piuttosto che Lui c’è e che ti dà fiducia. Ti lascia libero di andare, libero di finire anche in situazioni strane e distanti. E ti senti anzitutto figlio di un dono, non di un possesso. E il mondo lo puoi attraversare da signore, con la sicurezza propria di chi ama. “E tutte queste cose vi saranno date in aggiunta”, senza bisogno di ritorno, senza alcuna particolare urgenza. M. Luther King diceva terminando un sermone: “La paura ha bussato alla mia porta; l’amore e la fede hanno risposto; e quando ho aperto, fuori non c’era nessuno”.
don Walter Magni