DOMENICA DI ABRAMO
Anno B – III di Quaresima – Rito Ambrosiano – 7 marzo 2021
Salvaci, Signore, nostro Dio
LETTURA, Esodo 32,7-13b.
SALMO 105 (106): Salvaci, Signore, nostro Dio.
EPISTOLA 1Tessalonicesi 2,20–3,8
VANGELO, Giovanni 8,31-59.
In quel tempo. Il Signore 31Gesù disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; 32conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». 33Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». 34Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. 35Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. 36Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. 37So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. 38Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro». 39Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo».
Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. 40Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. 41Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero allora:
«Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». 42Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. 43Per quale motivo non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola. 44Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. 45A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. 46Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? 47Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio». 48Gli risposero i Giudei: «Non abbiamo forse ragione di dire che tu sei un Samaritano e un indemoniato?». 49Rispose Gesù: «Io non sono indemoniato: io onoro il Padre mio, ma voi non onorate me. 50Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca, e giudica. 51In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno». 52Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. 53Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». 54Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”, 55e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. 56Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia». 57Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». 58Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». 59Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.
Fratelli, sorelle,
il Vangelo di questa domenica (detta: “di Abramo”, terza di Quaresima, 7 marzo 2021) narra di una lunga e impegnativa discussione tra Gesù e alcuni giudei che avevano cominciato a credere in Lui, a darGli credito e fiducia. Ma presto si giunge a toccare alcuni tasti delicati e sensibili e dalle parole pesanti e offensive si giunge alla fine a minacciare di voler lapidare Gesù.
Non sopportavano Gesù
Non erano giorni facili per Gesù. Aveva avviato un movimento spirituale che, mentre suscitava interesse, curiosità e attese nella gente, creava, da parte dei capi dei Giudei, una profonda ostilità. Al punto che spiavano e controllavano ogni Sua mossa, ogni Sua parola. Giovanni stesso annota con precisione che Gesù, che pur desiderava andare a Gerusalemme per la festa di Pasqua, c’era riuscito “non apertamente, ma quasi di nascosto”. Tra la gente alcuni Lo cercavano, altri invece Lo ritenevano un imbroglione: “nessuno però parlava di lui in pubblico, per paura dei Giudei” (7,10- 13). Nonostante Lo volessero persino arrestare, nessuno riusciva “a mettere le mani su di lui, perché non era ancora giunta la sua ora” (7,30). Si può capire la volubilità della gente, la facilità con la quale cambia opinione. Ma come si giustifica questa dura opposizione dei responsabili dell’ebraismo? Al punto che al termine del brano evangelico odierno, da una iniziale simpatia passano addirittura al desiderio di lapidarLo? Anche se Gesù era riuscito a nasconderSi e a uscire dal tempio, la Sua morte a quel punto era solo rimandata. Nonostante Gesù fosse un ebreo convinto, che più che contestare la Sua appartenenza all’ebraismo, lo voleva precisare, portare a compimento. Anche il Suo modo di insegnare era simile a quello di tanti altri rabbini. E più volte aveva dichiarato pubblicamente di non essere venuto per cambiare la Legge o i Profeti: “ma per dare compimento” (Mt 5,17). Come si spiega, dunque, questo odio mortale verso di Lui?
La libertà di Abramo
Al centro della discussione sta la paternità di Abramo. I Giudei, affermando d’essere discendenti di Abramo, rivendicavano una esclusiva nei confronti di questa profonda relazione con Dio. Giungendo, su questa base, a codificare e a formalizzare questa stessa relazione con le categorie proprie della tradizione religiosa del popolo d’Israele. E su questo Gesù provoca i Suoi interlocutori, obbligandoli ad essere più rispettosi ed umili nei confronti di Abramo. Più coerenti nel dichiararsi i suoi eredi, i suoi figli. E dà loro un criterio preciso che subito avvia la discussione: “Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. Per Gesù, infatti, Abramo non è anzitutto e solo il fondatore della religione ebraica, ma il padre di tutti coloro che credono in un Dio, unico e creatore. E l’accoglienza di questa visione più ampia e non possessiva rende davvero liberi. Come lo stesso Abramo, che, diventato amico di Dio, già molto anziano comincia a camminare, ad andare per la sua strada. “Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò” (Gen 12,1-2). E “vattene”, che traduce l’ebraico Lekh lekha! significa anche: Va’ verso te stesso! Viaggia anzitutto dentro di te. Diventa libero! Al punto che il Signore lo sradica da una religiosità idolatrica della sua famiglia di appartenenza, cambiandogli il nome. Sino a metterlo alla prova chiedendogli di sacrificare il suo unico figlio Isacco. Solo un amore folle poteva giustificare il suo peregrinare verso una terra che in vita non avrà modo di vedere, collocata così oltre, sempre altrove.
La libertà dei figli di Dio
Forse davvero la parola che meglio potrebbe risuonare in questa nostra Quaresima è ‘libertà’. La stessa libertà che Gesù aveva richiesto ai Suoi interlocutori per scioglierli da una appartenenza religiosa rigida e ingolfata. Invitandoli a entrare con Lui nell’orizzonte vasto e sciolto della paternità di Dio. Perché, prima d’essere figli di Abramo, siamo anzitutto figli di Dio. E Gesù è venuto a dirci proprio questo: prima apparteniamo tutti a Dio, siamo Suoi figli; poi c’è tutto lo spazio per le forme e i riti della religione, che ci possono aiutare a meglio sostenere questa figliolanza. In Gesù, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo, si raccoglie così tutta la fede liberante di Abramo. E i Giudei che allora discutevano con Gesù in fondo erano come barricati e rinchiusi nel tempio, Incapaci di accogliere la novità che Gesù stesso stava portando. Si nascondevano dietro un’appartenenza religiosa, sbarrando le porte alla speranza. Non potendo più riconoscere Abramo che aveva avviato la spiritualità degli spazi aperti. Come quando una notte Dio gli chiese di uscire dalla tenda per guardare il cielo e contare le stelle (Gn 15,5). E di stella in stella, poter giungere poi a vedere Gesù che si poteva dire così: “Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia”. Papa Francesco ce lo sta ripetendo troppo spesso: siamo chiesa “in uscita”. È tempo di uscire da schemi di appartenenza religiosa che frenano e irrigidiscono i sussulti propri della nostra fede in Gesù che solo ci rende liberi, davvero.
don Walter Magni