VI DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI IL PRECURSORE
Anno A – Rito Ambrosiano – 8 ottobre 2023
Volgiti a me, Signore: ascolta la mia preghiera
Luca 17,7-10 – In quel tempo. Il Signore Gesù disse: 7«Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? 8Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? 9Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? 10Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».
Fratelli, sorelle,
nel vangelo di questa domenica (VI dopo il Martirio di san Giovanni il Precursore, 8 ottobre 2023) Gesù ci racconta la parabola del padrone e del servo inutile. E forse, mentre Gesù la narrava alla Sua gente, riandava alla figura del servo di Jahwè descritta dal profeta Isaia (Is 52) che L’aveva ispirato nel definirSi a Sua volta servo per amore: “io sto in mezzo a voi come colui che serve” (Lc 22,27).
“La condizione di servo”
Capire Gesù in radice significa prendere atto della Sua radicale vocazione al servizio, a venirci incontro per servire, per farci stare bene. Così infatti Lo aveva descritto Paolo nell’inno della Lettera ai Filippesi: “Cristo Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò sé stesso, assumendo la condizione di servo” (2,5-11). E questo ci confonde se si considera che, proclamandoSi servo dell’umanità, Gesù intende rivelarci il cuore stesso di Dio. Aprendo un capitolo definitivo nella descrizione dei tratti del volto di Dio, del Suo amore, del Suo essere amore (“Dio è amore”) nei confronti degli uomini: quello appunto d’essere “servo per amore”. Se, infatti, “Dio ha tanto amato gli uomini da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3,14), questo amore divino Gesù stesso lo declina nei termini, nella postura decisiva del servizio: “il Figlio dell’uomo, non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti” (Mt 20,25-28). Sino a morire sulla croce senza riserve, in totale donazione di Sé: “mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani” (1Cor 1,21-22). Gesù, servo per amore, diventa la contestazione più alta di tutte le immagini che le religioni s’erano fatte di Dio. Quella di un Dio che non fa più paura e non schiaccia l’uomo; che ti induce piuttosto a provare tenerezza. Perché davanti a un Dio crocifisso anche il cuore più indurito si smuove (Mc 15,39).
“Servi inutili”
Se questo, dunque, è il volto del nostro Dio, allora la strada dei discepoli chiamati ad annunciarLo è definitivamente tracciata. Forse a questo voleva arrivare Gesù, quando durante l’ultima cena, dopo aver lavato i piedi a Suoi discepoli domandò: “Sapete ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi,
anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi” (Gv 13,12-17). C’è il rischio, infatti, di ridurre la partecipazione all’Eucaristia a un gesto intimistico con Lui, senza assumerci la responsabilità di alzarci da tavola come ha fatto Lui. Che poi significa uscire di chiesa, mettendoci concretamente a servizio. È curiosa in questo senso la conclusione che Gesù fa al termine del racconto evangelico odierno. Dice Gesù ai Suoi: “così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: ‘Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare’”. Perché inutili? A cosa serve davvero un servizio? Che ritorno possiamo pretendere? Interessante è cogliere il duplice significato che pure è sotteso al senso della gratuità, a ciò che riteniamo ‘gratuito’ anche nella nostra cultura. C’è una gratuità che va nella linea della inutilità dannosa, come alludesse a un gesto che, in quanto posto, è semplicemente banale e persino dannoso e c’è la gratuità di alcune azioni che, una volta espresse, hanno un valore che solo il cuore di Dio e tutti coloro che un po’ Gli assomigliano sanno custodire per sempre nel cuore.
Se tu così perché non io?
Che fare, dunque? Come dice Paolo a Timoteo: “ricòrdati di Gesù Cristo, risorto dai morti, discendente di Davide, come io annuncio nel mio Vangelo, per il quale soffro fino a portare le catene come un malfattore”. Ricordati di Lui, fa’ come Lui! Molto semplicemente, senza alcuna pretesa di ritorno immediato, senza calcoli. Così come ha fatto Paolo, che per amore di Gesù ha sofferto “fino a portare le catene come un malfattore”. E come hanno fatto i veri discepoli del Signore, sino ai nostri giorni. Ti prego: “ricordati di Gesù Cristo”, che è passato per le strade del mondo solo “facendo del bene” (At.10,38); offrendo continuamente “preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito” (Eb 5,7).
Non avertene a male se t’accorgi che Gesù ti ha come marcato, scovandoti tra la folla. Forse ti vorresti sottrarre, gridando a Lui l’inutilità di tanti tuoi sforzi. Ovunque tu vada, in qualsiasi angolo del mondo ti dovessi trovare, accetta di consumare la tua esistenza per amore Suo. Non temere di lasciarti scavare l’anima dalle lacrime della gente e, se mai qualcuno fosse stanco, che possa almeno trovare in te una spalla dove posare il capo. Continua a stare in mezzo alla gente come presenza gioiosa, audace e intelligente. Forse qualcuno si accorgerà e ti ringrazierà dal profondo del cuore; altri fingeranno di non capire che stai semplicemente amando; qualcuno fraintenderà o volutamente ti ignorerà. Ma a te che importa? Ricordati di Gesù Cristo: continua a da amare, servendo!
don Walter Magni