Rito Ambrosiano – Commento al Vangelo di domenica 9 Giugno 2024 – don Walter Magni

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III DOMENICA DOPO PENTECOSTE

Anno B – Rito Ambrosiano

Mirabile è il tuo nome, Signore, su tutta la terra

Marco 10,1-12 In quel tempo. 1Partito di là, il Signore Gesù venne nella regione della  Giudea e al di là del fiume Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli insegnava loro,  come era solito fare. 2Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, gli domandavano se è  lecito a un marito ripudiare la propria moglie. 3Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?».  4Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». 5Gesù disse loro: «Per la  durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. 6Ma dall’inizio della creazione li fece  maschio e femmina; 7per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie 8e i due  diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. 9Dunque l’uomo non divida  quello che Dio ha congiunto». 10A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. 11E  disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; 12e se  lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».

Fratelli, sorelle,  

si legge nel Vangelo di questa domenica (III dopo Pentecoste, 9 giugno 2024) che “alcuni farisei si  avvicinarono per metterlo alla prova”. E questo tono supponente, di pregiudizio nei confronti di  Gesù fa male, indispettisce. Signore, invece noi Ti vogliamo ascoltare a cuore aperto, metterTi al  primo posto. Lasciando che la Tua Parola ci raggiunga, ci trasformi e ci consoli.  

“Ma io vi dico…” 

E stando al Vangelo Gesù reagisce. Gliele tira fuori di bocca i codici della legge coi quali i farisei  Lo stavano giudicando. Quell’ordine di Mosè che aveva permesso agli uomini di Israele di ripudiare  la moglie. E dopo aver fatto dire a loro ciò che “sta scritto”, subito aggiunge un “ma”. Come  volesse avviare un ragionamento. Uno sguardo diverso nei confronti della questione posta dai Suoi  avversari. Oltre la doppia misura di chi, mentre invoca la rigida applicazione del dettato legislativo,  spesso copre senza pudore la propria infedeltà a quella stessa legge. Pretendere, infatti, di riuscire  ad applicare la legge alle nostre relazioni più profonde sarà sempre un’impresa che non paga. 

Qualsiasi legge non potrà mai contenere l’esuberanza del cuore. E per Gesù sono “duri di cuore” tutti coloro che si ritengono integerrimi. I puri e cinici osservanti: “Per la durezza del vostro cuore  Mosè scrisse per voi questa norma, ma dall’inizio della creazione (Dio) li fece maschio e femmina,  per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una  carne sola”. Ed è significativo che la liturgia di questa domenica colleghi al Vangelo la pagina della  Genesi a cui Gesù Si riferisce. Come dicesse: “Non cadete nella trappola del legalismo, che ti fa giudice spietato, senza cuore”. Perché anche Gesù, davanti all’arroganza presuntuosa finisce per  sentirSi spiazzato. Come quando Gli avevano portato una donna colta in adulterio e Lui,  semplicemente, decise di scrivere per terra, nella polvere, la loro condanna (Gv 8,1-11).  

“Non è bene che l’uomo sia solo” 

E un’altra parola sta scritta nel testo della Genesi proposto in questa liturgia: “Non è bene che  l’uomo sia solo”. Una di quelle parole che, uscite dalla bocca di Dio, ti prende dentro. E la vorresti  scrivere ovunque, soprattutto sulle pareti dell’anima. Stando alla Genesi, infatti, Dio aveva appena  collocato l’uomo in un giardino da favola, pieno di ogni ben di Dio, ma poi S’accorge che tutto  questo non poteva bastare alla Sua creatura più bella e decide di fare una proclamazione solenne:  “non è bene che l’uomo sia solo”. E si comprende così, ben oltre tanti nostri sofismi, che è e sarà la  solitudine il male più grande che va seriamente sconfitto. Come qualcosa da cui sfuggire; una  condizione tanto disumana nella quale nessuno dovrà essere confinato.

Anzi, è Dio stesso che  dall’inizio S’impegna dicendo: “voglio fargli un aiuto che gli corrisponda”. Quant’è bella e geniale  questa corrispondenza divina, che scaturendo dal cuore grande di Dio, proprio in Gesù Suo Figlio,  troverà compimento nei confronti dell’umanità. Come volesse continuamente corrisponderci, intuendo tutti i nostri limiti, tanto inadempienze nel corrispondere pienamente all’amore. Così come  anche canta un poeta portoghese: “Amore mio, ascolta le mie preghiere / Ti chiedo di ritornare, di  volermi ancora / So che non si ama da soli / Forse piano piano potresti tornare a capire – Se il tuo  cuore non vorrà cedere / Né sentire passione, né vorrà soffrire / Senza preoccuparsi di quello che  verrà / Il mio cuore può amare per tutti e due” (Salvador Sobrai). 

Neppure Dio basta a sé stesso 

Ed è curioso notare che Dio non ci sta dicendo: “guarda che Io ti basto”, come ancora si trova  scritto in qualche monastero. Come avessimo bisogno di altro. un’infinita nostalgia dell’altro. Ed è  profondamente vero ritenere che neppure Dio basta a Sé stesso. Come avesse bisogno anche Lui di  una corrispondenza. Del resto, perché mai ci avrebbe creati? Perché sentiva uno struggente bisogno  di uscire da Sé. Di amare qualcuno che Gli corrispondesse in libertà: provando la gioia a Sua volta  di sentirSi amato!

Perché amare non è certo rimanere in un bozzolo, ma il bisogno irresistibile di  uscire continuamente incontro a qualcuno. Non per assoggettarlo, per possederlo, ma per incontralo  facendoti tu suo. Pretendere, infatti, di sottomettere qualcuno stando in relazione, significa derubare intimamente l’altro di tutto il suo fascino, del suo mistero. Che se poi succede, allora la relazione è  finita ed è finito l’amore. Viene da pensare a volte che ci sono amori che non sono amori genuini e relazioni che non sono mai state relazioni vere. E così, inseguendo le immagini che la Genesi stessa  ci ha regalato, sento che ci sono ancora tante solitudini che attendono d’essere colmate, a tutti i  livelli.

E solo quando saranno colmate allora senti che il bene avanza. Un bene di cui dovemmo  sempre e comunque rallegrarci, mettendoci la nostra passione della quale siamo capaci. Perché se  una solitudine è colmata, allora è certo che Dio è passato di Dio lì. E se aiuti una donna, un uomo, un’amica, un amico a colmare la sua solitudine, aiuti ancora Dio a passeggiare sulla nostra terra. 

don Walter Magni