Il commento al Vangelo del 3 Maggio 2019 a cura dei Dehoniani.
II settimana di Pasqua | Proprio
Le preghiere che la liturgia dell’eucaristia di questo giorno fa pronunciare al presidente, a nome di tutto il popolo, tracciano un itinerario di fede con tutte le sue esigenze e i suoi necessari passaggi. La colletta unisce all’esultazione, a motivo della possibilità che ci viene data di festeggiare due apostoli, la necessaria supplica: «Concedi al tuo popolo di comunicare al mistero della morte e risurrezione del tuo unico Figlio, per contemplare in eterno la gloria del tuo volto».
In forma di preghiera si riprende – potremmo dire in forma riveduta e corretta – la supplica di Filippo rettificata dalla risposta del Signore Gesù: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». La reazione del Maestro sembra ancora scuotere il cuore dei credenti di oggi come quello dei discepoli un tempo: «Chi ha visto me, ha visto il Padre» (Gv 14,89). In altre parole, il Signore ci chiede di rinunciare alla visione per accontentarci – per così dire – di vedere attraverso l’amore per lui che diventa il fondamento di un modo di vivere e di sperare. Perché questo possa concretizzarsi, bisogna desiderare ed essere capaci di avere occhi per l’amore: «Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me?» (14,10).Questa parola così nitida del Signore Gesù è il riassunto di tutto ciò che è sotteso a quanto viene altrettanto solennemente evocato dall’apostolo Paolo: «Vi proclamo, fratelli, il Vangelo che vi ho annunciato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi e dal quale siete salvati, se lo mantenete come ve l’ho annunciato» (1Cor 15,12).
Il vangelo che salva è la capacità di assumere fino in fondo la sfida dell’incarnazione. Questo mistero si basa sullo svuotamento del Verbo e sui suoi abbassamenti, e comporta la nostra serena accoglienza di tutto ciò che sperimentiamo attraverso il limite e la fragilità della nostra realtà personale e relazionale. Per questo la preghiera si fa ancora più forte al momento dell’offertorio: «Concedi anche a noi di servirti con una religione pura e senza macchia». A un orecchio allenato alle Scritture il riferimento alla Lettera di Giacomo è evidente. Vale comunque la pena esplicitarlo con le stesse parole con cui l’apostolo caratterizza la «religione pura e senza macchia».
Questa si concretizza in modo chiaro e inequivocabile: «Visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze» (Gc 1,27).La risposta data da Gesù a Filippo porta le sue estreme conseguenze nelle parole di Giacomo: se bisogna accettare di vedere il volto del Padre in quello di Gesù, bisogna andare ancora più lontano, fino ad accontentarsi di vedere il volto di Gesù in quello dei fratelli e delle sorelle in cui lo splendore della luce divina rischia di essere offuscato dalla fragilità e dalla precarietà. Allora la preghiera dopo la comunione assume tutta la sua profondità rivolgendosi, con audacia, direttamente al Padre: «Ci purifichi e ci rinnovi perché, in unione con gli apostoli Filippo e Giacomo, possiamo contemplare te nel Cristo tuo Figlio e possedere il regno dei cieli». Amen!
Signore risorto, nei volti di questa umanità in cammino c’è il tuo volto, tra le croci della storia di oggi c’è la tua croce e il fermento benedetto della tua risurrezione. Con i santi Filippo e Giacomo, che oggi la Chiesa venera, noi cerchiamo il tuo volto, Signore, e lo riconosciamo in quello di ogni uomo e donna. Alleluia!
Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo?
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 14,6-14In quel tempo, disse Gesù a Tommaso: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
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