Il commento al Vangelo di oggi è a cura dei padri Dehoniani.
Indice
Ecco la ragione ultima per cui il Testimone fedele del Padre si separa dal suo corpo ecclesiale: consentire la discesa sulla terra, completa e permanente, dello Spirito Santo che rende gli apostoli capaci di essere testimoni del mistero pasquale. Attraverso un linguaggio più teologico, l’autore della Lettera agli Ebrei interpreta questa ascensione del Signore come un gesto tutto orientato a infonderci la speranza di una vita più grande: Cristo è entrato«nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore» (Eb 9,24) e così aprirci una «via nuova e vivente» (10,20) per accostarci al Padre con «piena libertà» (10,19).
Accedere e rimanere in questa libertà è tutt’altro che scontato, perché è sempre molto radicato in noi il desiderio che sia ancora un altro – Dio – a compiere quello che invece tocca ormai a noi assumere come responsabilità: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?» (At 1,6). Noi tutti volentieri resteremmo «a guardare il cielo» (1,11), anziché riconoscere che, dopo l’immersione nelle acque battesimali, i nostri«cuori» sono ormai stati «purificati da ogni cattiva coscienza» e il nostro «corpo lavato con acqua pura» (Eb 10,22). Ciò che qualifica a essere «testimoni» dell’evento pasquale non è la forza o la coerenza della vita, ma il desiderio del Signore risorto di predicare «a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati» (Lc 24,47) proprio attraverso la voce di quanti, dopo averlo incontrato e accolto, ormai «l’aspettano per la loro salvezza» (Eb 9,28).
Infatti, prima di avventurarsi nella missione apostolica di testimonianza e di annuncio, gli apostoli sono invitati dal Signore a non fare nulla, se non rimanere precisamente là dove sono, per essere interiormente e pienamente abitati da quel dono che solo nello spazio della comunione ecclesiale è possibile ricevere: «Voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto» (Lc 24,49).
Accettare le conseguenze dell’ascensione di Cristo vuol dire essere disposti a giocarsi autenticamente in quella porzione di tempo e di spazio in cui la provvidenza di Dio ci ha posto, là dove le nostre relazioni fondamentali ci stanno educando a vivere la vita con lucida e disincantata passione. Occorre rimanere non dove avremmo potuto o voluto essere, non in una migliore esperienza spirituale rispetto a quella che ci è capitata, ma proprio là dove siamo e dove la provvidenza di Dio ci chiama a essere. Il Signore si è dunque allontanato da noi solo per poter moltiplicare e intensificare la sua presenza, facendo diventare la nostra umanità il segno concreto della sua sensibilità alla nostra vita umana.
Siamo dunque noi i testimoni della Pasqua, noi che sbagliamo ancora, eppure rimaniamo uniti al Signore, attraverso la sua Parola, i sacramenti, la vita della Chiesa e l’impegno nel mondo. Noi, che spesso ci sentiamo deboli, inadeguati, nudi e poveri, ma che possiamo ormai vivere «senza alcuna relazione con il peccato» (Eb 9,28), non perché estranei alle sue seduzioni, ma perché continuamente perdonati da un amore che ci precede e ci segue fino agli inferi della morte. Proprio noi, chiamati oggi ad abbassare lo sguardo dal cielo, per cercare e incontrare negli altri quei fratelli a cui annunciare il vangelo di Dio, siamo e saremo «testimoni» (At 1,8; Lc 24,48) della vita nuova in Cristo.
Signore risorto, che ti sei allontanato da noi per renderci responsabili della nostra dignità, segnata eppure salvata dalla debolezza, rendici testimoni viventi del tuo mistero d’amore, che non vuole toglierci il necessario ma donarci di più. Fa’ di noi i testimoni di una vita che continuiamo a ricevere qui, dove siamo e come siamo, accanto agli altri e rivestiti di te.
Mentre li benediceva veniva portato verso il cielo.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 24, 46-53In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
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