Il commento al Vangelo di oggi è a cura dei padri Dehoniani.
Con estrema sapienza, in questa domenica la liturgia ci fa indugiare ancora sul solenne prologo di Giovanni, già accolto come vangelo nel giorno di Natale. Questo inno teologico è tutto dominato dalla metafora della «luce», presentata come forza creatrice che dona «vita» (Gv 1,4) a tutto «ciò che esiste» (1,3) e che si rivela invincibile persino nella regione dell’oscurità: «La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta» (1,5). Giovanni tesse la trama di questa composizione letteraria facendo un esplicito riferimento alla Genesi, mediante lo stesso incipit letterario: «In principio» (1,1; cf. Gen 1,1). L’intento comunicativo sembra piuttosto evidente: la venuta nella carne umana del Logos eterno di Dio è paragonabile a una vera e propria ricreazione del mondo nella pienezza dei tempi. Eppure, proprio il confronto con il racconto della Genesi mette subito in guardia dal rischio di rimanere confinati in un semplice stupore estetico. Svelando il mistero della creazione, l’autore sacro fa riferimento a una prima «luce» – che risponde al perentorio comando di Dio: «Sia la luce!» (Gen 1,3) – e, successivamente, ad altre «luci» che assolvono il compito di distinguere e regolare il giorno e la notte (cf. 1,14-16).
C’è dunque diversità di luci all’interno della realtà; non tutte sono uguali e preposte al medesimo scopo. Ciò corrisponde a quanto Giovanni si preoccupa di precisare nello sviluppo drammatico del prologo: «Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo» (Gv 1,9). La festa della luce – il Natale del Signore Gesù – vuole sempre e anzitutto farci recuperare la necessaria distinzione tra le molteplici luci presenti nel mondo e la luce vera del mondo, il «Figlio amato» (Ef 1,6) nel quale per ogni uomo e ogni donna si apre la possibilità di diventare «figli adottivi» (1,5) dell’eterno Padre. Fuori metafora, ciò significa che, sebbene molte «illuminazioni» sappiano accendere e orientare i nostri passi, c’è una sola benedizione ad attenderci al termine del nostro pellegrinaggio in questo mondo: «Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità» (1,34).
La luce vera di cui parla l’evangelista Giovanni è il senso profondo della realtà, la manifestazione di un mistero di amore grandissimo e inarrestabile che corrisponde al volto di Dio e alla rivelazione della sua possibile paternità nei nostri confronti. Questa luce autentica non può che affrontare l’incontro – mai scontato – con il mistero di un’altra libertà, la nostra: «Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto» (Gv 1,1011). Se vogliamo riconoscere – cioè approfondire – il dono di questa luce, che ci ha rivelato «il potere» (1,12) di essere riconosciuti anche noi figli «nel Figlio amato» (Ef 1,6), dobbiamo avere il coraggio di saper rinnegare ogni altra forma di «illuminazione» facile e immediata, con cui spesso siamo tentati di rischiarare l’oscurità dei nostri giorni. Le tenebre che ostacolano l’insorgere della luce vera non sono solo quelle del fallimento morale, ma anche quelle della scorciatoia religiosa con cui proviamo a simulare una fiducia in Dio, negli altri e nella realtà, non ancora maturata in noi.
Non basta sapere che siamo figli amati, ma occorre assimilare la sapienza del vangelo fino a farla diventare quasi un «vanto», da esibire nel cuore dei nostri punti di maggior debolezza e dentro i nostri più estenuanti combattimenti interiori: «La sapienza fa il proprio elogio […], in mezzo al suo popolo proclama la sua gloria. Nell’assemblea dell’Altissimo apre la bocca, dinanzi alle sue schiere proclama la sua gloria» (Sir 24,12). Per onorare il Natale non ci resta che acconsentire all’ostinato desiderio di Dio di radicarsi in noi, fino al punto da rendere il dono della nostra figliolanza ugualmente invincibile e imperturbabile: «Ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso, nella porzione del Signore è la mia eredità» (24,16).
Signore Gesù, noi siamo stati riconosciuti dal Padre come figli amati prima ancora di essere creati e di poter vedere, nella tua luce e con la tua sapienza, tutta la nostra sofferta verità. Concedici di cercare in ogni cosa la luce vera, per riconoscere che siamo ancora in cammino verso una piena fiducia in te, che impari a maturare nella nostra povertà.
Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.
Dal vangelo secondo Giovanni
Gv 1,1-18
Parola del Signore
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