DOMENICA PRENATALIZIA – VII DOMENICA DI AVVENTO
Anno B – Rito Ambrosiano
Nell’imminenza di Colui che viene
Matteo 1,1-16 – Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmon, Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide. Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asaf, Asaf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozìa, Ozìa generò Ioatàm, Ioatàm generò Àcaz, Àcaz generò Ezechìa, Ezechìa generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosìa, Giosìa generò Ieconìa e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia. Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconìa generò Salatièl, Salatièl generò Zorobabele, Zorobabele generò Abiùd, Abiùd generò Eliachìm, Eliachìm generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo. In tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici.
Fratelli, sorelle,
dopo aver ascoltato il Vangelo di questa domenica Prenatalizia (24 dicembre 2023), è comprensibile cercare di capire il senso dell’elenco di tutti questi personaggi. Come se la liturgia, dopo aver affermato domenica scorsa che Maria concepisce Gesù per opera dello Spirito Santo, sentisse forte l’esigenza di contestualizzare concretamente nel tempo degli uomini questo evento.
L’identità di Gesù
L’evangelista Matteo, che si rivolge anzitutto alle prime comunità cristiane di Siria e Palestina, ha sentito da subito l’esigenza di segnalare le radici storiche di Gesù, dimostrando come Dio agisce in modo sorprendente quando vuole compiere le Sue promesse. Come ci venisse regalata una vera e propria carta d’identità di Gesù, gli elementi chiave della Sua appartenenza alla storia degli uomini e del popolo ebraico, immettendo nel racconto una novità assoluta.
Mentre, infatti, nelle genealogie più tradizionali venivano indicati solo degli uomini, in quella di Gesù vengono segnalate anche cinque donne. Inoltre, all’inizio e alla fine del suo racconto, Matteo ribadisce che questa è proprio la “genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo”. In quanto discendente di Davide, Gesù è la risposta di Dio alle aspettative del popolo ebraico (2 Sam 7,12-16); in quanto discendente di Abramo, è fonte di benedizione per tutte le nazioni della terra (Gen 12,13). Così che sia i giudei che i pagani delle sue comunità potevano intendere che le loro attese messianiche proprio in Gesù trovavano compimento.
E lo stesso schema compilatorio adottato lo dimostra: “tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici”. Così Matteo, servendosi di numeri e calcoli, chiarisce che Dio realizza la Sua presenza nel mondo rispondendo anche a quei criteri simbolico numerici ritenuti molto importanti per la cultura ebraica.
Donne irregolari
Ma va registrato – come si diceva – un dato anomalo. In questa genealogia, pur redatta nel rispetto dei criteri della tradizione ebraica, vengono ricordate anche cinque donne: quattro donne provenienti da paesi stranieri alle quali si aggiunge l’ebrea Maria di Nazaret, la madre di Gesù, appunto. Donne dai tratti più diversi: semplici, a volte eroici, tutte in grado di generare figli, persino a volte caratterizzate da una condotta moralmente discutibile.
Tamar, ad esempio, è una vedova di origine cananea che, travestendosi da prostituta, riesce a obbligare Giuda a dargli un figlio (Gen 38,1-30). Raab, invece, è la prostituta cananea che in occasione della conquista di Gerico, ha aiutato di fatto gli ebrei a entrare nella Terra Promessa (Gs 2,1-21). Betsabea, di origine ittita, è la moglie di Uria, un valoroso generale del re Davide: dopo che Davide l’ha messa incinta, si vede addirittura uccidere il marito (2Sam 11,1-27).
Infine Rut, di origine moabita, rimasta vedova, sceglie di restare con la suocera Noemi (Rt 1,16-18); consigliata da Noemi, si unisce a Booz, dal quale avrà il figlio Obed, nonno del re Davide (Rt 3,1-15;4,13-17). Quattro donne che, sovvertendo i comportamenti matrimoniali imposti dalla società patriarcale ebraica di allora, in modo assai poco convenzionale, daranno di fatto continuità alla genealogia che giunge fino a Gesù, figlio di Maria. Anche attraverso il loro contributo il Signore realizzerà il Suo piano di salvezza, regalando al mondo il Messia tanto atteso: Gesù, nostro salvatore.
Giuseppe, innamorato di Maria In questo contesto entra in scena Maria, con i suoi passaggi critici. Il fatto stesso d’essere rimasta incinta prima di andare a vivere con Giuseppe doveva pur essere un problema non indifferente, a partire dai suoi compaesani di Nazaret. Giuseppe stesso, stando al Vangelo, da uomo giusto avrebbe voluto ripudiarla segretamente e solo un intervento angelico lo convinse a farsi coraggio, facendosi carico di Maria e del bambino che si portava in grembo.
Non è scontato entrare nella visione di Dio, soprattutto là dove Lui scrive il Suo disegno muovendoSi tra le nostre righe storte. Ma questa è la grazia propria di Giuseppe che si sente dire da un angelo: “Giuseppe figlio di David, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1,20-21). Giuseppe, che guarda alla bellezza di Maria della quale è davvero innamorato, impara ad accogliere in silenzio la grazia della presenza di Gesù, Figlio di Dio e Figlio dell’uomo. Un esempio di santità che ci viene regalato a ogni ritorno del Natale del Signore. Come canta il poeta:
“Per favore, non rubatemi / la mia serenità. / E la gioia che nessun tempio / ti contiene, / o nessuna chiesa / t’incatena: / Cristo sparpagliato / per tutta la terra, / Dio vestito di umanità: / Cristo sei nell’ultimo di tutti / come nel più vero tabernacolo: / Cristo dei pubblicani, / delle osterie dei postriboli, / il tuo nome è colui / che-fiorisce-sotto-il-sole” (David Maria Turoldo).
don Walter Magni
