III DOMENICA DOPO L’EPIFANIA
Anno B – Rito Ambrosiano
Il Signore ricorda sempre la sua parola santa
Mt 14,13b-21 – In quel tempo. 13Il Signore Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte. Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. 14Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati. 15Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». 16Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». 17Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». 18Ed egli disse: «Portatemeli qui». 19E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. 20Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. 21Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.
Fratelli, sorelle,
dopo il segno di Cana, la liturgia (III dopo l’Epifania, 21 gennaio 2024) ci racconta di un altro segno: quello di un pane abbondante e fragrante che passando dalle mani di Gesù sfama e sazia davvero, sino ad averne d’avanzo. Un segno che porta diritto al cuore del mistero di Dio che in Gesù si fa dono per gli uomini, perché abbiano vita in pienezza: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà mai più sete” (Gv 6,35).
“Sentì compassione”
Informato della morte di Giovanni il Battista, Gesù Si ritira in un luogo deserto. Ma la gente non Lo lascia tranquillo e si mette sulle Sue tracce, così che Gesù, scendendo dalla barca “vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati”. Solo Matteo usa il termine compassione, diversamente da Marco che parla di pietà e Luca di accoglienza. Ma cos’è propriamente la compassione? Certamente è la sintonia profonda che Gesù percepisce in quel momento con quella “grande folla”. La benevolenza, la simpatia provata nel constatare la ricerca caparbia che ha portato tutta quella gente a percorrere a piedi un lungo tratto di strada pur di trovarLo.
Come se con loro si fosse instaurata una relazione che le parole non possono spiegare. Poi però viene il momento dell’intelligente e della prontezza. E, come dice Matteo Gesù, sceso dalla barca, da loro un segnale decisivo: “guarì i loro malati”. Ed è qui che si comprende cos’è la compassione vera: andare al cuore della domanda della gente, cogliendo in quel momento proprio quell’urgenza che se non la risolvi tu, non la risolve nessuno. Come fosse un compito solo tuo.
Così, giunta la sera, davanti a tutta quella gente i discepoli suggeriscono a Gesù di agire con buon senso: “congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare”. Gesù però è uno che non congeda nessuno. Senza autogiustificarSi – che ci posso fare io? – ci introduce a comprendere che la compassione secondo il cuore di Dio è inarrestabile e non è sottoposta ad alcuna restrizione, ad alcuna misura.
“Date voi stessi da mangiare”
Anzi, le stesse parole della risposta di Gesù ai discepoli sono radicali e paradossali: “date loro voi stessi da mangiare”. Cioè: adesso mettetevi in campo anche voi e andate fino infondo, sino a farvi mangiare se è necessario! Ma questi, invece, continuando per la loro strada, si limitano a constatare la pochezza delle loro risorse: “non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!”. E Gesù non replica più, decide di agire. Presi “i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla”.
Proprio come dirà ai Suoi discepoli smarriti e confusi durante l’ultima cena: “Fate questo in memoria di me”. Perché questa infondo è l’Eucaristia che Gesù ci ha insegnato: buttarsi in una avventura che ti coinvolge tutto, senza più alcun calcolo, senza più trattenersi: “date loro voi stessi da mangiare”. È vero che potremmo anche reagire dicendo: “se faccio il buono, rischio d’essere imbrogliato da questo che mi sta chiedendo qualcosa, quando lo sanno tutti che la richiesta non risponde a verità”.
Ma allora chi decide della verità ultima di una persona? Della possibilità che possa intuire la verità del gesto gratuito con il quale rispondo alla sua richiesta? Di gente che giudica ce n’è troppa. Persone convinte di avere visto tutto, che senza ascoltare hanno già pronto un verdetto di condanna. Più rare sono invece le persone disposte ancora ad amare. A guardare in faccia la gente senza pregiudizi, disposti a tutto. Anche alle sorprese di un amore che ancora trasforma il cuore più arido e provato.
“Tutti mangiarono a sazietà”
L’esito della gratuità sconfinata che Gesù ci insegna è che “tutti mangiarono a sazietà”; oltre ogni previsione: “portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini…”. So di una donna che faceva l’elemosina a chiunque gliela chiedesse. Sapeva d’essere spesso imbrogliata, ma se le chiedevano lei comunque dava. Non sono forse gesti di questo genere, che potrebbero sembrarci tanto insensati e ingenui, che possono salvare il nostro mondo?
Solo certe insensatezze possono ridarci il senso di un amore genuino, a fronte di tanti espedienti che ostentano una saggezza che facilmente si trasforma in trincee che vorrebbero difenderci dalla vulnerabilità nostra e altrui. Se amiamo solo coloro che per noi lo meritano, il mondo non sarà mai contaminato da Dio. Gesù invece ci ricorda che “Dio fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni”. Atteniamoci pertanto alla saggezza di questo antico testo spirituale: “Cristo non ha mani ha soltanto le nostre mani per fare il suo lavoro oggi.
Cristo non ha piedi ha soltanto i nostri piedi per guidare gli uomini sui suoi sentieri. Cristo non ha labbra ha soltanto le nostre labbra per raccontare di sé agli uomini d’oggi. Cristo non ha mezzi ha soltanto il nostro aiuto per condurre gli uomini a sé. Noi siamo l’unica Bibbia che i popoli leggono ancora. Siamo noi l’ultimo messaggio di Dio scritto in opere e parole” (Anonimo Fiammingo). Infatti: “è nel deserto della compassione che la terra assetata si trasforma in sorgente d’acqua viva” (Th. Merton).
don Walter Magni
