Rito Ambrosiano – Commento al Vangelo di domenica 28 Settembre 2025 – don Walter Magni

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V DOMENICA DOPO IL MARTIRIO di San GIOVANNI IL PRECURSORE

28 Settembre 2025 Anno CRito Ambrosiano

Signore, conservo nel cuore le tue parole

Luca 6,27-38 – In quel tempo. Il Signore Gesù disse: 27«A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, 28benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male. 29A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello,
non rifiutare neanche la tunica. 30Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro. 31E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. 32Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. 33E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. 34E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. 35Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi. 36Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. 37Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. 38Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».

Fratelli, sorelle, il Vangelo di questa domenica (V dopo il Martirio di s. Giovanni il Precursore, 28 settembre 2025) ci riporta al discorso della Pianura, che Luca – diversamente dal discorso del Monte di Matteo – colloca “in un luogo pianeggiante” (6,17). Come Gesù volesse farSi più vicino a noi, alla vita della gente così com’è; vedendo anche le nostre precarietà, caricandoSi ancora delle nostre stanchezze.

“A chi ti percuote sulla guancia…” E mentre riascolto l’incandescenza di queste parole di Gesù, percepisco il rischio d’essere attraversato da ben altri proclami. Come preso dalla paura che le parole chiare e dirette di questo Vangelo possano scomparire nel buio della smemoratezza; impallidite e sfocate da parole più comuni, che non sopportano il confronto e la differenza.

Quella dismisura che dà la forza di amare i nemici, sino a benedirli: “a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male”. E Gesù aggiunge: “a chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra”. Una vera e propria chiamata a rispondere in modo altro, diverso.

Perché se a schiaffo si risponde con la logica della proporzionalità, quella dell’occhio per occhio, dente per dente, cosa c’è di nuovo nell’aria? C’è invece un’altra risposta. Perché una risposta a uno schiaffo ingiusto va data. Anche Gesù, infatti, risponderà a uno schiaffo. Non rimarrà passivo la notte del tradimento e della cattura.

Stando al Vangelo di Giovanni, al sommo sacerdote che Lo avrà interrogato Gesù risponderà: “’Io ho parlato apertamente al mondo (…). Perché m’interroghi? Domanda, a quelli che mi hanno udito, quello che ho detto loro; ecco, essi sanno le cose che ho dette’. Ma appena ebbe detto questo, una delle guardie che gli stava vicino dette uno schiaffo a Gesù, dicendo: ’Così rispondi al sommo sacerdote?’ Gesù gli rispose: ‘Se ho parlato male, dimostra il male che ho detto; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?’” (Gv 18, 19-23).

“Siate misericordiosi” E mi piacerebbe immaginare i pensieri di quella guardia o di quegli esperti della Legge che stavano ad ascoltare Gesù che pacatamente denunciava una ingiustizia palese: “perché mi percuoti?”. Fermo l’immaginazione e torno alla concretezza del nostro quotidiano dove ci è dato di riconoscere con immediatezza la radicalità di queste parole del Vangelo.

Parole che sembrano sfiorare un paradosso, nelle quali ciascuno di noi riconosce la fatica di riuscire a rimodulare la propria esistenza. E se resta vero che a uno schiaffo forse non reagirei con uno schiaffo, è ancor più vero che più spesso un’ombra di ostilità reattiva mi resta impigliata negli occhi.

Così che a un torto, a una scorrettezza dell’altro, a una sua indifferenza, sono d’istinto tentato di reagire con indifferenza, disistima ed esclusione! E alla fine mi tocca dover riconoscere tutta la mia lontananza dal Vangelo di Gesù e almeno pregare di essere aiutato ad alzare gli occhi. O ad abbassarli?

Abbassarli per scoprire che sono anch’io bisognoso di misericordia e alzarli umilmente verso il Padre misericordioso, come ci dice oggi il Vangelo: “Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso”. E sappiamo, infatti, che il Vangelo di Luca traduce con misericordia l’invito di Matteo ad essere “perfetti come è perfetto il Padre vostro” (5,58).

Come dicesse che la perfezione la si realizza diventando misericordiosi, seguendo le tracce di misericordia lasciate dallo sguardo e dai gesti di Gesù. Da quelle Sue parole che non si lasciavano mai rinchiudere nella meccanica delle tradizioni, ma che scaturivano sempre e solo dall’amore.

“Come anche Cristo accolse voi” E ci soccorrono le parole che Paolo ci ricorda nell’Epistola: “Il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull’esempio di Cristo Gesù (…). Accoglietevi perciò gli uni gli altri come anche Cristo accolse voi, per la gloria di Dio”.

Sì, si dice proprio accoglienza! Una parola cui oggi siamo richiamati spesso. Forse perché il pericolo dell’esclusione e dello scarto si affaccia in modo insistente nel nostro tempo. Anche se resta vero che l’accoglienza, al di là dei nostri tempi, si radica in un riconoscimento dell’altro, della sua dignità, che dovrebbe essere scontata.

Come un riconoscimento senza obiezioni dell’umano e del divino che abita l’altro, in ogni altro. Quegli altri che spesso, per la loro diversità, diventano la categoria dei nemici, degli eunuchi e degli stranieri, per stare al brano odierno di Isaia.

E, dunque, importa tornare a far propria la bellezza di questo passaggio del profeta, che mentre ci dice qualcosa dello sguardo di Dio cerca di raddrizzare il nostro: “Non dica lo straniero che ha aderito al Signore: ‘Certo, mi escluderà il Signore dal suo popolo!’. Non dica l’eunuco: ‘Ecco, io sono un albero secco!’”.

Così che se qualcuno si sente senza terra: fategli sentire che ha una terra. E se uno si sente senza futuro: allora fategli vedere che ha un futuro. Impariamo a sentire anzitutto che tutti, anche loro, sono figli di Dio, come spesso diciamo ripetendo la preghiera di Gesù: “Padre nostro che sei nei cieli!”. Padre mio, Padre nostro, Padre di loro e Padre di tutti noi, nell’amore misericordioso di Gesù Suo Figlio.

don Walter Magni