Il commento al Vangelo del 21 Maggio 2019 a cura dei Dehoniani.
Ss. Cristoforo Magallanes e compagni, martiri (mem. fac.)
V settimana di Pasqua – I settimana del salterio
Senza paura
La vita del discepolo di Cristo non è una vita facile, non è un cammino in discesa, non è una via senza ostacoli. Le contraddizioni e le sofferenze che possono appesantire la vita di un cristiano dipendono certamente dalle forze ostili che abitano il mondo e il cuore dell’uomo, e che cercano di impedire la crescita del Regno di Dio. Ma la via della sequela è segnata soprattutto dalla croce, o meglio dall’esperienza stessa di Gesù, dal suo mistero di morte e risurrezione.
È un’esperienza che passa attraverso la morte, cioè attraverso il dono della vita che apre alla pienezza della comunione con Dio e con i fratelli. Le sofferenze e le persecuzioni che l’apostolo Paolo e i suoi compagni subiscono a Listra non sono un semplice incidente di percorso; sono, paradossalmente, la conferma della loro fedeltà all’evangelo, l’occasione per vivere una fedeltà senza riserve. La consapevolezza di soffrire per Cristo diventa una forza per il discepolo ed è una garanzia che si sta camminando sulla via percorsa dal Signore, «perché – dicono Paolo e Barnaba alla comunità cristiana – dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni» (At 14,22).
Ma accanto alla fedeltà nella prova, c’è un dono che Gesù promette ai suoi e che in qualche modo è la garanzia e la verifica della presenza interiore del Padre, del Figlio e dello Spirito che abitano nel credente e che lo sostengono nella prova. Si tratta del dono della pace. Infatti, lasciando i suoi discepoli, Gesù li saluta con un dono che diventa anche presenza nella vita: la pace. Ma la pace non è solo assenza di conflitti, non è solo tranquillità dell’anima, non è solo felicità piena. «Vi lascio la pace, vi do la mia pace», dice Gesù (Gv 14,27).
La pace donata è la pace di Gesù, cioè quella che lui stesso possiede e che lui solo può donare, quella pace che si può scoprire solo in relazione con lui (Cristo è la nostra pace), quella pace che abbraccia tutta la vita (e non solo la dimensione interiore), che si trasforma in gioia, che dà qualità alle relazioni. Questa pace non la può dare il mondo: è così diversa da quella che l’uomo si illude di cercare con compromessi e tattiche politiche, con fughe in situazioni irreali, tanto che i discepoli potrebbero addirittura non scorgerla, perché può essere nascosta anche nel suo contrario, cioè nella persecuzione.
È una pace che non consiste nell’assenza della croce, ma nella certezza della sua vittoria. Proprio il dono della pace di Cristo è ciò che deve far scomparire ogni paura, ogni turbamento: «Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore» (14,27). La pace dà uno sguardo aperto, uno sguardo che abbraccia tutta l’esistenza del discepolo e la proietta verso il futuro. Non scompare solo il turbamento di fronte al dramma della passione o la paura di rimanere da soli, percependo un’assenza; la pace si trasforma anche in sguardo di speranza, mediante quella responsabilità che deve caratterizzare il discepolo nel tempo dell’attesa: «Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me» (14,28).
È come se Gesù invitasse a guardare in alto e, con il cuore pieno di pace, vivere orientati verso la meta: lì dove c’è la vera dimora, lì dove c’è il Padre, lì dove c’è il Signore Gesù, la nostra vera pace. Il fondamento della pace che Gesù ci dona è proprio questo sguardo che apre un cammino: verso il Padre. Il Padre è allo stesso tempo all’origine e al termine dell’itinerario di Gesù e dell’itinerario dei credenti. La vera pace si fonda proprio sulla consapevolezza che, grazie a Gesù, è definitivamente aperta la strada verso Dio stesso.
E nella fedeltà di Dio la nostra pace è custodita. «Avere la pace con un uomo – ci ricorda D. Bonhoeffer – significa poter costruire saldamente sulla sua fedeltà, significa sapersi una cosa sola con lui, sapersi da lui perdonati; avere la pace significa avere una patria nell’irrequietezza del mondo, significa posare i piedi su di un fondamento sicuro: fremano e infurino pure le onde, non possono più rapirmi la mia pace. La mia pace mi ha fatto libero dal mondo, mi ha fatto forte contro il mondo, mi ha fatto maturo per l’altro mondo».1
Signore, donaci la tua pace! Non la troviamo nel nostro cuore, non la troviamo negli affanni della nostra vita, non la troviamo nel rumore delle nostre parole, non la troviamo negli sguardi e nei gesti che nascondono la nostra tristezza e paura, non la troviamo nel nostro mondo perché esso non può darcela. Signore, donaci la tua pace!
1 D. Bonhoeffer, Memoria e fedeltà, Qiqajon, Bose 1995, 146.
Vi do la mia pace.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 14, 27-31aIn quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi.
Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.
Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il prìncipe del mondo; contro di me non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco».C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
